24 dicembre 2020

08 novembre 2020

Aggiornamento

Sarò velocissima perché, nomen omen, non ho tanto tempo,  ma quasi 2 mesi di assenza sono tanti...
Dunque: ho iniziato il mio corso e il relativo tirocinio, motivo dell'attuale penuria di tempo libero, abbiamo accompagnato Tommy all'università e non lo rivedremo per altre 4 settimane (però mi telefona un sacco, alla faccia di chi sostiene che gli adolescenti spariscono!)
Mati ha presentato le sue candidature e stiamo aspettando che le università si facciano vive, il lockdown è, sulla carta, rigoroso, all'atto pratico invece... a Natale non ci muoveremo per una serie di ovvie ragioni, ho preso B quasi A nel mio primo assignment per il master, voto che mi ha resa felice, abbiamo preso l'auto ma, dopo 3 anni di stop, ieri ho avuto paura e non so quando ricomincerò a guidare... ah, sto cucinando una crema di porri e patate.
Credo che per oggi sia tutto.
Buona serata a chi mi legge 🤗

18 settembre 2020

Incroci

Casualmente, nel marasma di foto che ogni giorno internet ci vomita addosso, incrocio l'immagine di una giovane, splendida dea nel giorno del suo diciottesimo compleanno: abiti da sera esaltano corpi adolescenti, sguardi luminosi seguono il filo di eventi che lasceranno tracce indelebili nella loro memoria. Nei loro ricordi, saranno stati ancora più belli e ancora più felici.

Immediatamente ripenso alla mia festa per i miei diciotto anni: il mio sguardo segue le tracce indelebili che quegli eventi lontani hanno lasciato nella mia memoria e mi rivedo giovane dea circondata da amici altrettanto belli, altrettanto felici (sorry per la rima, è capitata per caso, la lascio anche se non mi piace...)

Tristemente penso al compleanno di mio figlio: il 2 aprile di quest'anno eravamo in lockdown da un paio di settimane, tutti mediamente in uno stato di shock che si è alleggerito solo verso giugno. L'unica festa possibile: una cheesecake, riuscita troppo ricca nel goffo tentativo di risarcirlo di una perdita che non sarà mai veramente risarcita. Era un desiderio più mio che suo e lui non sente la mancanza di qualcosa che non ha mai neppure veramente desiderato. 

A me però spiace. 

(Come "incrocio" è molto tirato per i capelli, ma di più non sono riuscita a fare...)




29 luglio 2020

Capotavola e Capo Tavola

Nella cucina di casa mia abbiamo un grande tavolo rettangolare, seduti al lato lungo del quale pranziamo e ceniamo regolarmente: io di fianco a Tommaso, Matilde di fianco al Peppe.
Anche nella cucina di casa di mia madre c'è un grande tavolo rettangolare, ma qui ci si dispone in modo diverso: ognuno su un lato, mio padre a capotavola. 
La differenza è notevole, e non riguarda la geometria. In casa mia si conversa, in casa di mia mamma si ascolta mio padre che parla: per lui, essere "seduto a capotavola" significa essere "capotavola".
L'ho notato solo in questi giorni... non molto sveglia, temo!

16 luglio 2020

Il Libro del Mese - Orgoglio e Pregiudizio


Avrò letto questo libro una mezza dozzina di volte, in italiano e in inglese in una versione per studenti e poi in edizione integrale, credo di aver letto anche alcuni capitoli in francese ma non mi ricordo con certezza e comunque non avrebbe avuto alcun senso.
Ho visto la miniserie della BBC, la mia preferita con un Mr Darcy di grandissimo fascino, e la versione del 2005 con una Keira Knightley tutta mossette e smorfiette, odiosa. 
E' in assoluto uno dei miei libri preferiti e lo è perchè, al di là delle apparenze da romanzetto romantico(so), è un testo rivoluzionario e straordinariamente femminista.
Certo, Lizzy non affronta la vita brandendo un coltello da cucina: resta nei limiti di quanto ritenuto all'epoca socialmente accettabile, ma l'autrice descrive una donna moderna, e individua la sua forza non nella bellezza (quella appartiene a sua sorella Jane), ma nella sua intelligenza raffinata, coltivata attraverso letture e conversazioni. Il suo destino e la sua unica possibilità di successo nella vita sono il matrimonio, ma reclama il diritto di scegliere chi sposare, rifiutando la proposta del mellifluo, sciocco cugino nonostante la prudenza suggerisse il contrario.

Mi fermo qui per non annoiare...

13 luglio 2020

Le cose che ho perso, le cose che ho preso


Ogni tanto ci ricasco: il mio eterno bisogno di fare bilanci, lunghe liste di "questo sì, questo no"... è una cosa stupida, eppure mi aiuta a mettere ordine e mettere ordine è rasserenante.
Ci sono cose che, a tre anni di distanza, ancora mi mancano non essendo riuscita a "sostituirle" con altre di analogo valore.

Le amiche, quelle sono insostituibili: i miei pranzi con C., i caffè con L. C'è il telefono, è vero, skype e whatsapp e un sacco di diavolerie moderne che nulla possono contro la distanza. Ho care amiche anche qui, ma la più vicina abita a mezz'ora di auto... mi manca la facilità del contatto quasi quotidiano di "casa".

I miei. Mio fratello dice che mio padre non ritornerà più quello di una volta, ma "una volta" è lo scorso Natale... cos'è successo negli ultimi 6 mesi? Me lo raccontano, me lo mostrano ma io non sono lì per vedere che non riesce più ad allacciare i bottoni della camicia e che impiega 3 giorni a tagliare l'erba del giardino invece delle consuete 3 ore. Tralasciamo il fatto che, a 83 anni quasi 84, potrebbe anche evitare lo sfalcio del prato, ma non è questo il punto.

La certezza che con una telefonata e 200 euro posso affrontare (e solitamente risolvere) un problema di salute. Qui è tutto fastidiosamente complicato! Mi sa che prenderò in paio di appuntamenti adesso che vado a casa in vacanza...

Il parrucchiere... provate voi a spiegare in dettaglio una sfumatura di colore o le caratteristiche di un taglio  nell'inglese di una hairdresser di qui: a noi insegnano la pronuncia della bbc, loro parlano una lingua fatta di gergo adolescenziale e dialetto northern-working-class

28 giugno 2020

La stessa acqua calda che rassoda un uovo ammorbidisce le patate

La tentazione di dividere le persone in categorie è sempre forte: aiuta a capire il mondo e anche un po' se stessi.
In questi ultimi giorni rifletto su una particolare categorizzazione: quelli che "sarò felice quando..." e quelli che "sono felice adesso perchè...". Da una parte i miei, dall'altra i miei suoceri.

Il ritornello dei miei è sempre lo stesso, purtroppo ormai da anni.
"Eh, deve passare questo periodo!", sospira mia madre.
"Ma come cosa c'è che non va? Farei prima a dirti cosa c'è che va!", brontola mio padre.
"Questo isolamento mi ha distrutta", si lamenta mia madre di ritorna da una visita a una zia o dal parrucchiere.
"No che non sto bene: ho il controllo dal cardiologo, dal nefrologo, dall'angiologo ma io mica ci vado all'ospedale con tutto il Covid che c'è, rimando tutto, io!", tuona mio padre.
"No, non so se andremo in vacanza, intanto aspettiamo che arrivi tu, poi vediamo", pianifica mia madre, non considerando che prima di un mese non arriverò comunque.
"Dove vuoi che andiamo, c'è il Covid e devo andare in ospedale a fare tutti i controlli e poi i confini chissà se li terranno aperti...", temporeggia mio padre. Il lavoro non va, il governo non va, il clima non va, ci sono le tasse, l'inflazione, l'euro, le zanzare, la Merkel e poi i nipoti non telefonano. E fa caldo.

Anche i ritornello dei miei suoceri è sempre lo stesso.
"Sì, sì stiamo attenti: la spesa ce la porta a casa la Lucia e Alessandro telefona tutte le sere e ogni tanto passa a trovarci. Sì sì, fa caldo ma per forza è giugno, ovvio che fa caldo. Sì sì, va tutto bene sono contenta che adesso almeno papà può andare giù all'orto a fare un po' di movimento. No no, non andiamo giù al paese quest'anno che se per caso dopo tre giorni dal nostro arrivo a qualcuno viene il raffreddore la colpa è nostra che veniamo dalla Lombardia! Ma no non preoccuparti qui va tutto bene, non ci manca niente e non abbiamo bisogno di niente: abbiamo la televisione, internet, una montagna di libri da leggere... che me ne frega a me dell'isolamento, l'importante è che nessuno di noi si ammali. Ah ma quest'autunno mi rifaccio, ho deciso: mi iscrivo all'università! Piuttosto raccontatemi di voi..."

Vivono la stessa vita, ma guardando cose diverse: gli uni concentrati su ciò che manca loro per essere felici, gli altri concentrati su cosa, fra le cose che hanno, li rende felici.
 
Si può imparare?

Tasse

Se un Paese ti chiede 29€ di saldo 2019 e 550€ di 1° acconto 2020 (al quale seguirà un secondo acconto di importo simile), è lecito porsi qualche domanda?

25 giugno 2020

Un altro now and then

Esattamente 13 mesi fa scrivevo queste righe:
"So che non ce la faccio. uscire di casa mi pesa, le giornate passano senza che io faccia niente, non mi annoio più neanche... mi basta stare qui. anche i ragazzi che tornano da scuola mi infastidiscono perchè parlano e raccontano e io voglio silenzio..."
Non le ho mai pubblicate, conservo in bozza alcuni post che ho scritto, magari anche con l'intenzione di pubblicarli ma poi lasciati lì a sedimentare, fino a dimenticarli. Fino a oggi.
Sembra incredibile che abbia potuto pensare e scrivere questo, non ricordo più neppure le sensazioni che provavo. Il resto del post è ancora più depresso... come sono sopravvissuta? E cos'è cambiato da allora?
Ho lavorato, basta come risposta? Non lo so. Però so che quest'anno ho costruito, ho fatto progetti, alcuni dei quali sembrano essere sulla strada buona per dare qualche frutto.
E quindi, cosa voglio dire con questo? Niente, forse solo registrare "il rimbalzo" che si è verificato dopo aver toccato il fondo. 
Già, mettiamola così: chi non cede rimbalza.

PS: credo di aver scritto raramente così male, è uscito così e così lo pubblico. Abbiate pazienza, sono stanca. Se non è chiaro, chiedete...

12 giugno 2020

Now and then...

"Then" era questa roba qua: https://nonhomaitempo.blogspot.com/2015/05/la-melma.html
"Now", che roba è?
"Now" è il momento di un "pat on the shoulder" come si dice da queste parti, perchè riconoscere le proprie qualità è una parte importante del processo di crescita di ognuno. E, se è vero per i miei figli, deve essere vero anche per me.
L'episodio che ho raccontato nel "then-post" è vero e mi ricordo ancora quella sensazione, come di un corpo che, contro la mia volontà, riacquista tutto il suo peso fino a affondare in una melma di fango soffocante. Risale a molti anni prima ma, evidentemente, nel duemilaquindici l'incubo era ancora vivo e presente. La Francia mi ha fatto bene solo quando me ne sono allontanata... eppure ancora oggi, se mi chiedessero in quale città vorrei vivere direi Strasburgo.
Sono partita tante volte e tutte le volte sono stata capace di puntare la bussola e ripartire: quando da bambina siamo tornati a Lodi da Milano (la più terrificante esperienza della mia infanzia, non sono ancora riuscita a perdonare del tutto i miei genitori...); la Francia, che mi ha lasciato alcune conoscenze, il sogno di una nuova professione e una buona amica; l'Italia di nuovo, che più che un rientro è stata una nuova partenza, con il sogno di una nuova professione diventato via via più concreto, con un corso, il suo esame, un nuovo titolo di studio, il tirocinio, nuovi colleghi e nuove amicizie; ora l'UK, una lingua nuova, l'insegnamento dell'italiano, nuove conoscenze diventate carissime amiche (alcune, altre... va be'... lasciamo perdere!), la melma (ancora lei...) di tre anni fa trasformatasi (lentamente, è vero, ma ce l'ho fatta) in una nuova vita con nuove esperienze e non tutte negative. Diversa, la mia nuova vita, ma non male. Non male soprattutto perchè quello che ho costruito qui, poco o tanto che sia, è tutta e solo farina del mio sacco.

Salva dalla melma in eterno? No, ma quando mai? Se c'è una cosa che mi è diventata assolutamente chiara nel corso della mia esistenza è che niente è per sempre.
Col naso fuori per ora e per ora mi basta così.

Nota: "Nessuno si salva da solo" dovrebbe essere inciso su una medaglietta da consegnare ad ogni nuovo nato. Nessuno fa niente da solo, abbiamo numerosi debiti di gratitudine nei confronti di persone che talvolta neppure lo sanno. Quando dico che ciò che ho è farina del mio sacco non intendo assolutamente dire di aver fatto tutto da sola: sarò eternamente grata a chi mi ha dato una mano, talvolta inconsapevolmente, altre volte deliberatamente. 

22 maggio 2020

Scrivere



Scrivere per sopravvivere al tempo, per non perdere la memoria, per esserci ancora quando non ci sarò più.
Scrivere per fissare le idee, per capire meglio il mondo, per non lasciare che tutto scorra senza lasciare traccia.
Scrivere per guardarmi dentro, per capire meglio me stessa, per non pensare, dopo, di non averci provato abbastanza.
Scrivere per non dimenticare di comprare le uova, per ritrovare un numero di telefono, per non saltare un appuntamento.
Scrivere per tenere in esercizio la mano, con una stilografica e non una biro, curando il gesto per non lasciare sbavature e lasciare invece un segno bello sul foglio bianco.
Scrivere perchè ho sempre sognato di scrivere un libro, così come di dipingere acquerelli delicati e di scattare foto significative, ma niente di tutto ciò ho desiderato abbastanza da farlo diventare vero.
Scrivere perchè rilassa la mente, distoglie dal mondo fuori e dà senso al mondo dentro.
Senso e importanza.
E tempo.

13 maggio 2020

Silvie

C'è la Silvia famosa di questi giorni, partita cristiana e tornata musulmana e perciò odiata, minacciata vilipesa. Non so cosa ci facesse in Africa, spedita con poca preparazione e senza protezione da una onlus come tante. Non so come questa onlus abbia potuto mandare una persona a lavorare laggiù senza un'assicurazione e senza una rete di persone a supporto della sua azione. Non so con quale faccia tosta i nostri politici prezzemolini si siano presentati all'aeroporto a fare i pavoni, disgustosa la mascherina-bandiera di Di Maio. Non so come i giornalisti si sentano autorizzati sempre e comunque a entrare a gamba tesa nella vita delle persone, senza rispetto, senza decenza. Non so some nessuno sia intervenuto a disperdere la folla che si è raccolta davanti alla casa di quella poveretta: l'isolamento da Covid non vale più? Quello che so è che tutte queste cose disgustose non sono responsabilità sua, lei è solo una ragazza che è partita piena di ideali (aiutiamoli a casa loro...) e si è trovata a vivere una tragedia. Ne è uscita viva, questo solo importa, tutto il resto non riguarda me, riguarda la politica e la diplomazia. Ben tornata, Silvia.

C'è anche la Silvia che ha fatto il liceo con me. Qualche anno fa suo marito è stato rapito in Africa. Liberato dopo qualche mese, al rientro a casa ha subito lo stesso assalto da parte dei giornalisti. Alla domanda "Tornerai là?" ha risposto serio "Ho una famiglia da mantenere e il mio lavoro è là, certo che torno". Nessuna polemica, nessuna coda.

Poi c'è la Silvia che ho conosciuto nel 2016. Insegna italiano agli immigrati e, adesso che con l'isolamento le scuole sono chiuse, fa volontariato alla Croce Rossa e alla mensa per i poveri della mia città. Non si ferma mai, ha sempre un'idea brillante per incoraggiare e dare un senso, ha sempre una parola buona per tutti, non giudica, "vola basso" e, senza saperlo, fa grandi cose rendendo migliore la vita delle persone.

Per completezza, c'è infine la Silvia mia cugina, che conosco poco perchè non ci siamo mai frequentate ma rimedieremo perchè mi piace. E' ironica, intelligente, simpatica. Legge bene, beve bene, ascolta bene, viaggia bene. Ha il coraggio da vendere e vive al mare. Le invidio il panorama dal balcone del suo soggiorno, penso di averglielo detto quelle 3 o 4 dozzine di volte.

08 maggio 2020

Rumore bianco


C'è sempre questo costante brusio di sottofondo, conversazioni "fluffy" e cose non vere ripetute a pappagallo da gente che non vuole prendersi un attimo di tempo per pensare con la propria testa e verificare una fonte, giornalisti che "sbagliano" una traduzione, che "dimenticano" una citazione, che "distrattamente" tagliano un discorso stravolgendone il senso.
C'è sempre questa eterna ricerca di approvazione dall'estero, per cui De Luca riferisce garrulo che gli americani hanno detto che il suo ospedale è il migliore del mondo, Conte si vanta di aver parlato mezz'ora con Bill Gates e non-so-più-chi dice che dall'estero guardano con invidia al modello italiano di lockdown: guardateci, ci siamo anche noi, bambini quasi invisibili ai quali una maestra ricorda ogni tanto di fare un sorriso.
Chiacchericci senza costrutto, vuoti di contenuti, conversazioni da bar.

Rumore bianco, così confortante... vera valeriana per la mente


06 maggio 2020

Itanglish

Non si dice "smart working". Se dite a un collega inglese che domani fate "smart working", facile che vi chieda se di solito lavorate stupidamente. Qui si chiama "working from home", abitualmente abbreviato in WFH.
Non si dice "stage", quello è il palcoscenico. Si dice "work experience" o "internship".
Non si dice "romance", si dice "novel" oppure talvolta "fiction" in contrapposizione a "non-fiction" che sono i saggi o i libri di inchiesta. Ma 'sta storia del "romance" che è il romanzo rosa lo sapevo già...
E, ovviamente, non si dice "fiction", le serie tv si chiamano "series".
Non si dice "body", si dice "leotard", parola buffissima che a me farà sempre pensare a elegantissimi e velocissimi gatti;-)
Non si chiama "scotch" ma "tape"... questa la dimentico sempre!
Occhio col "footing", a qualche orecchio particolarmente pudico potrebbe richiamare passioni poco ortodosse!
E non si dice neppure "autostop", ma un impossibile "hitchhiking": l'ho scoperto leggendo la storia di un tizio che si è portato a spasso un frigorifero!

Però si dice goodnight, che significa davvero buonanotte... vado che è tardi!
Fate bei sogni
xxx

01 maggio 2020

Il libro del mese - Un incantevole Aprile

Un libro dolcissimo dal quale è stato tratto un film che ho amato molto.
Di entrambi ho amato l'eleganza delle atmosfere, il calore del sole sulla pelle, che si sente quasi fisicamente, insieme ai profumi generosamente diffusi nell'aria e la sensazione che un'altra via (e vita) sarebbe possibile, se solo decidessimo di non negarcela.
Questo tema, la possibilità di altre vie, torna spesso fra i motivi per i quali apprezzo libri o film. Dovrei approfondire?
Non sono in grado di scrivere una recensione vera, analizzando temi e strutture, e non è mia intenzione: vi accontentate di un'opinione puramente estetica?

Non ne racconto la trama per non rovinare il gusto della lettura a chi dovesse seguire il mio suggerimento.

27 aprile 2020

poivorrei

Facile: poivorrei uscire, volare in Italia a riabbracciare i miei, mio fratello e le mie amiche, andare dal parrucchiere, al mare e anche un po' a Ponte di Legno, a cena al ristorante e a zonzo per Manchester. Eccetera. 
Ma così sono capaci tutti.
Invece poivorrei poter riguardare indietro a questi giorni strani e scoprire di essere stata paziente e concreta, capace di riempire questo tempo regalato di buone esperienze: un corso interessante, le tende pulite e profumate, un nuovo modo di fare lezione. Poivorrei poter pensare che questa esperienza (non voluta e fortunatamente passata) mi ha regalato nuove consapevolezze: che la mia famiglia mi basta, che le persone sono anche buone e ci si può contare, che un giardino e un pomeriggio di sole fanno la differenza.
Poivorrei anche che questa crisi diventasse vera opportunità di cambiamento nel mondo politico e finanziario Italiano in primis, ma anche europeo, che non sia solo una disgrazia subita e alla quale sopravvivere ma una vera occasione di svolta. Ma questa è pura utopia.

26 aprile 2020

Non è vita


Stamattina sono uscita.
Una passeggiata di un'oretta per prendere una boccata d'aria.
Il giro dell'isolato, cambiando marciapiede all'approssimarsi di altri coraggiosi, evitando i sentieri più stretti, stando attenti a non premere il bottone per il verde al semaforo, allontanandosi da un cucciolo che voleva giocare, salutando il collega spostandosi sul lato opposto del vialetto.
M'è passata la voglia.

21 aprile 2020

Ricordi di viaggio

1) La meta più bella: Berlino 
2) Il cibo migliore: la Sicilia
3) Il prossimo viaggio: molto a nord, a vedere l'aurora boreale 
4) Città italiana preferita: Milano 
5) Città europea preferita: Strasburgo
6) Il tuo ultimo viaggio: Edimburgo
7) Il posto dove torneresti domani: Ponte di Legno 
8) Il luogo dove vivresti oggi... bella domanda!
9) Il posto dove avresti voluto vivere da giovane: Parigi
10) "Prima o poi ci devo andare": Giappone
11) La meta dei tuoi sogni: Canada
12) Il popolo più accogliente: i dominicani 
13) Il popolo meno accogliente: difficile... i belgi, o forse i francesi...
14) Dove non torneresti: Bruxelles 
15) Il tramonto più bello: al mare,  quando, dopo il caldo e la confusione del giorno, le onde si calmano e l'aria diventa d'oro.

17 aprile 2020

Disclaimer



Io non sono una persona generosa.
Ammiro incondizionatamente quelle persone che, con semplicità, sono capaci di donare il loro ultimo barattolo di marmellata alla vicina di casa che deve fare una torta o due delle loro quattro preziose mascherine utili a limitare il rischio di contagio in questi giorni difficili oppure una bustina di lievito per fare il pane, rendendo meno pesante l'isolamento. Io invece penso sempre troppo: cosa vuoi che sia un barattolo di marmellata, magari si offende; cosa vuoi che se ne faccia di due mascherine chirurgiche che proteggono solo nei giorni pari di luna piena e se non tira vento; cosa vuoi che sia una bustina di lievito secco e poi abito lontano e non si può uscire dal comune...
Non è egoismo, è una cosa diversa: è la totale incapacità di capire che nessun aiuto è tanto piccolo da non essere il benvenuto: un barattolo di marmellata salva una torta, una bustina di lievito significa una pizza per 4, e due mascherine, anche se solo chirurgiche, possono ridurre l'ansia di una persona in difficoltà, anche se magari solo un po'...
Si dice che le persone meno ricche siano le più generose; forse dipende dal fatto che conoscono il valore di una tazzina di zucchero.
Nessuno di noi è perfetto, lo so. Ma ci sono forme di imperfezione peggiori di altre e questa è brutta.

15 aprile 2020

Senza titolo...

Oggi è mercoledì 15 aprile, venerdì saranno 5 settimane di isolamento, una delle quali volontaria mentre le altre decise dal governo. Cinque settimane durante le quali sono uscita una volta in auto per andare a cercare la farina, una in bicicletta per andare a fare la spesa e una, all'inizio, per fare il giro dell'isolato con Matilde. 
Se a Natale mi avessero chiesto di scommettere su sta cosa avrei puntato tutto e avrei perso.
La cosa più scioccante? Che mi è passata la voglia. Noi 4 in casa insieme, ognuno con i suoi impegni e senza desideri.
Questo è ciò che mi preoccupa davvero, la reazione dei ragazzi: anche loro sembrano non desiderare più niente.

13 aprile 2020

Meccanismi delicati


Più un organismo è complesso, più il suo corretto funzionamento dipende dall'equilibrio perfetto di un numero indefinito di fattori. 
Pochi milligrammi quotidiani di litio fanno la differenza fra un'accettabile salute mentale e l'incapacità di gestire se stessi nel quotidiano, l'assunzione di una compressa di aspirinetta (una frazione di quello che serve per abbassare la febbre) fa la differenza fra una vita normale e un decesso per infarto. 
In tempi non sospetti, riflettevo sulla propensione al rischio delle famiglie, anche questo è un meccanismo delicato. Io ho sempre amato poco vivere al limite e, per sentirmi sicura, ho sempre considerato desiderabile avere risparmi (non investimenti, proprio risparmi sul conto corrente) almeno pari a, che so, 4 o 5 stipendi. Metti che ti capiti la sfortuna di perdere il lavoro di punto in bianco, 4 o 5 mesi di agio ti permettono di cercarne uno nuovo, o se ti si rompe l'auto non sei disperatamente a piedi. Ci sono famiglie che hanno perennemente 400 € sul conto corrente e con quelli si sentono tranquilli.  
Nell'epoca del "just in time", la paura di restare senza pasta ha spinto la gente a svuotare gli scaffali dei supermercati e questi, ormai da decenni privi di un seppur minimo magazzino, hanno assistito rassegnati al triste spettacolo di vecchine disorientate perchè private della loro piccola scorta settimanale di PGTips e Digestive, o dell'infermiera che, alla fine di un turno di 12 ore, non ha potuto fare la spesa per cena. Immagini umilianti per uno dei Paesi del "primo mondo".
L'istituzione di fasce orarie riservate a Nhs e vecchietti ha, in parte, alleviato il problema, ma ne è immediatamente sorto un altro: la penuria di mascherine, camici usa e getta, guanti, consegnati agli ospedali in numero insufficiente, ha esposto a gravi rischi il personale sanitario che, in mancanza di meglio, ha cominciato a utilizzare sacchi della spazzatura sopra i camici e buste di plastica da ufficio davanti al volto. Questo non è triste: è indecoroso e umiliante.
Arriviamo poi alla chicca: il governo, nel tentativo di far dimenticare gli errori commessi (che non sono l'idea dell'immunità di gregge, mai davvero presa in considerazione da Mr Johnson, ma sono i tagli di posti letto, ad esempio, come in quasi tutti i Paesi europei) compra in fretta e furia svariati milioni di test sierologici -pare dalla Cina- e, quando arrivano, si accorge che non funzionano... Ma è mai possibile che un Paese come l'UK debba dipendere, per la gestione di una pandemia annunciata, da acquisti "emotivi"?
Sono disorientata, basta un niente e gli equilibri sui quali, inconsapevolmente, abbiamo fondato le nostre vite sfumano... 






10 aprile 2020

Spesa

Oggi giorno di spesa. Dall'inizio dell'isolamento, forse da qualche giorno prima,andare al supermercato è diventata un'esperienza bizzarra: "Chissà cosa non troverò oggi..."
La prima cosa a sparire è stata l'Amuchina, che qui non si chiama Amuchina, ma ci siamo capiti, e con lei tutta la serie di disinfettanti per mani-tessuti-superfici. L'alcol non si è mai trovato, la candeggina è scomparsa, la linea Dettol idem.
Immediatamente dopo, sono scomparsi articoli tipo la carta igienica, la pasta e il riso, il latte a lunga conservazione, i legumi in scatola.
Poi farine, tutte, e il lievito di birra da panificazione.
Ma il pane si trova, si è sempre trovato... perchè fare incetta di farine e lievito da panificazione?
Fino al giorno prima, impastare era cosa di fissati o, nel mio caso, da stereotipata massaia italiana. Il timore causato dal Covid e dall'isolamento ha creato il panico anche nel tradizionalmente composto britannico medio (che sia uno stereotipo anche questo?) che ha provveduto a fare scorte alimentari degne dello scoppio della guerra.
Non che sia molto diversa da una guerra, questa situazione!
La responsabile del "British Retail Consortium" la settimana scorsa ha comunicato ai quotidiani che le famiglie inglesi avevano in casa scorte alimentari per un miliardo di sterline... un miliardo!!!

La paura fa 90!
Oggi, dopo aver trovato tre bustine di lievito, ho chiamato le mie amiche per comunicare lo straordinario evento.
Già mi vedevo a offrirne una in cambio di un pacco di farina!!!

09 aprile 2020

Sull'identità dei migranti

Oggi pomeriggio ho seguito un webinar interessante sull'insegnamento dell'italiano a studenti debolmente scolarizzati. In Italia il problema riguarda essenzialmente i migranti e, fra i diversi problemi caratteristici di questi corsi, il relatore citava la loro "identità percepita", intendendo con questo la percezione che ognuno di noi ha della propria identità in contrapposizione con l'immagine che gli altri, di diversa provenienza, hanno di noi, non in quanto individui ma in quanto originari di un determinato Paese. Proponevano alcune attività utili per superare gli stereotipi che accompagnano l'incontro di culture diverse.
Questo mi ha fatto riflettere su un mio studente.
Si chiama L. G., ha circa 55 anni ed è un "immigrato" di IV generazione, essendo l'erede di un tale L. G.  arrivato a Manchester 134 anni fa, nel 1886.
Per me è stupefacente che lui si senta italiano.
Per lui è incomprensibile che i suoi lontanissimi parenti italiani, che ancora frequenta in estate, lo considerino inglese.
Non so, perchè non ho mai avuto il coraggio di chiederglielo, se i suoi amici e conoscenti di qui lo considerino italiano o inglese, è questo un tassello che mi manca.
Ho già avuto modo di riflettere su questo aspetto, su fatto cioè che l'identità percepita da un emigrante non coincida affatto con ciò che "vedono" i compaesani rimasti nel Paese d'origine: ancora in tempi non sospetti, quando Real Time mi offriva occasioni di relax durante la pausa caffè pomeridiana, Buddy il re delle torte parlava di se stesso come di un italiano vero, mentre cucinava improbabili paste molto american-style e trattava le sue sorelle come nessun fratello avrebbe mai osato neppure nell'entroterra siciliano anni '50: aveva appreso modelli di comportamento (e ricette di cucina) che credeva italiani ma non lo erano. Oppure quando, subito dopo la maturità, conobbi la cugina nata nella Svizzera tedesca di una mia compagna di liceo. Questa cugina aveva imparato a parlare "italiano" da una nonna che in realtà parlava solo un dialetto marchigiano stretto... si è scontrata in quell'occasione con la realtà: la sua presunta identità italiana era una cosa falsa, come le paste di Buddy e il senso di appartenenza di L. G. O ancora, ai tempi del Poli conobbi il figlio di un diplomatico che si era trasferito a Milano da poco, avendo vissuto in una mezza dozzina di Paesi e avendo studiato, negli anni tra la fine delle superiori e l'inizio dell'università, in Spagna. Parlava un italiano che sarebbe stato considerato buono se lui fosse stato spagnolo. E parlava uno spagnolo di buon livello per uno straniero ma non per un madrelingua. Parlava un eccellente inglese ma, non avendo genitori inglesi, non la considerava una "sua" lingua. "Io non ho un madrelingua" mi diceva. Io lo consideravo un falso problema e, anzi, capra come sono con le lingue, un po' lo invidiavo. Adesso capisco che il suo non era un problema di lingua, era un problema di identità: spagnolo in Italia, italiano in Spagna, a casa in nessun luogo.

Non è una riflessione che porta a conclusioni, non ne ho la pretesa: per chi lo vive è un problema complesso.
A me basterebbe capire come aiutare L.G. a superare la sua paura di commettere errori e, finalmente, parlare italiano.

Senza titolo

Oggi, per la prima volta dall'inizio dell'isolamento mi sono svegliata pensando che mi aspettava un'altra giornata chiusa in casa. 
Oggi ho messo via il telefono perché stanca di leggere cattive notizie.
Oggi, parlando con mia madre mi sono resa conto che faccio sempre più fatica a trattenermi dal dirle che tutto quello che devono fare è sopravvivere, perché io questa estate voglio poterli riabbracciare e che se questo significa annoiarsi, che si annoino pure, a me non interessa.

02 aprile 2020

18


Oggi però è un giorno importante per ben altre ragioni: Tommaso compie 18 anni!
Da oggi può entrare in un pub e ordinare una birra, guidare, votare.
Non farà niente di tutto questo, oggi, e io sono così scombussolata da non riuscire a scrivere niente di più significativo di un banale Buon Compleanno!

Il salto di specie



Con "salto di specie" si pensa ormai al coronavirus, che, balzellon balzelloni, è trasmigrato dal pipistrello all'umanità. Ma questo evento mi ha indotta a pensare a quanti "salti di specie" facciamo nel corso della nostra vita, solo a volte segnati da tragedie.
Diventare genitori, ad esempio, sposarsi o divorziare, lavorare o perdere il lavoro... ogni cambiamento di condizione ci obbliga a cambiare l'idea che abbiamo di noi stessi e il suggerimento di comune buonsenso -tu non sei il tuo lavoro, non sei i tuoi figli o il tuo ex marito, tu sei altro- in realtà si scontra con l'evidenza del cambiamento dello sguardo del mondo su di noi. Sguardo che ci descrive molto più di quanto vogliamo ammettere.
Ora, cosa resta di noi quando "saltiamo"? Le diverse specie si stratificano e lasciano intravedere in trasparenza cosa c'è sotto, cosa c'era prima? Oppure noi crediamo di essere sempre noi, sempre uguali e invece la nuova natura sostituisce la vecchia?
Ovviamente non lo so: se lo sapessi non starei scrivendo...
Anche questa novità dell'isolamento causa un "salto di specie": da persona desiderosa di una vita fuori casa e indipendente dalla mia famiglia, mi sto trasformando in una persona spaventata dal mondo oltre la porta di casa. Non tutte le mie passate "specie" mi sono piaciute, alcune erano proprio fastidiose, ma sapevo che sarebbero passate. O meglio: confidavo nel fatto che, se mi fossi data da fare, avrei potuto sperare di saltare di nuovo. Stavolta, per la prima volta, la fiducia lascia spazio a un senso di incredulo, rassegnato stupore.




27 marzo 2020

Coi piedi per terra

Oggi va così...
Dormo male e la prima cosa che faccio al risveglio è controllare su giornale se il CV sia stato un brutto sogno, e non lo è mai, puzzola!
Oggi un aereo ha sorvolato per circa tre ore stamattina 'sto buco di paese, il giornale ha annunciato che il "garante della privacy" locale ha dato parere positivo all'ipotesi di utilizzare i cellulari per controllare gli spostamenti dei cittadini, la polizia aiutava il personale del mio supermercato a gestire la coda degli ingressi, sono stati contati 2885 nuovi contagi e il governo ha chiarito che con "sport all'aperto" si intende al massimo la corsetta attorno all'isolato, non l'escursione di 8 ore sul Peak District.
Sarò pessimista, ma il lockdown durerà fino a quando non sarà trovata una cura efficace, se non addirittura un vaccino. Altro che 3 settimane.
Stay safe

25 marzo 2020

...peccato di ubris

Ovviamente, sul momento ho pensato a un errore di battitura, capita con Whatsapp.

Però, prima di chiedere spiegazioni all'amica con la quale stavo chiacchierando, ho pensato di fare una veloce googolata e ho scoperto che il "peccato di hybris" (secondo una grafia più aderente all'originale) "è un topos (tema ricorrente) della tragedia greca e della letteratura greca, presente anche nella Poetica di Aristotele. Significa letteralmente "tracotanza", "eccesso", "superbia", “orgoglio” o "prevaricazione". Si riferisce in generale a un'azione ingiusta o empia avvenuta nel passato, che produce conseguenze negative su persone ed eventi del presente." (cit. https://it.wikipedia.org/wiki/Hybris banalmente wikipedia, non me ne vogliano i puristi)

Così è: sono ignorante.

Ma.

Ma, chiacchierando con un'amica che so avere fatto studi diversi dai miei, io non mi sognerei di fare riferimento al momento di inerzia o allo strato liminare senza domandarmi se sia proprio necessario. E' una questione di contesto. Lavorando alla preparazione di una gara di lettura per le scuole medie con questa stessa amica e alcune sue colleghe, tutte prof di lettere e tutte laureate in lettere, una di loro ha detto "Adesso dobbiamo ragionare di fabula e intreccio". Io, ovviamente, non ho capito e ho chiesto spiegazioni, che mi sono state date velocemente e velocemente abbiamo ripreso i lavori. In quel contesto, l'uso di un linguaggio tecnico consente a tutti i partecipanti di capire velocemente e velocemente rispondere alle esigenze dell'incontro. Io, da outsider, ho avuto bisogno di chiarimenti ma era "colpa" mia, non loro.
Se però si sta chiacchierando amabilmente fra amiche su coronavirus e responsabilità che la politica ha riguardo al mancato (o imperfetto) contenimento dell'epidemia, un vocabolario così specialistico e non necessariamente correlato al tema è, a mio parere, fuori luogo. Serve a alzare il tono della conversazione? Serve a mostrare la proprio superiore cultura? E' un modo di dire comune del quale io non sono a conoscenza?
Già Manzoni, facendo dire a Renzo "...che vuol ch'io faccia del suo latinorum?", metteva in guardia la gente che ha fatto le "scuole alte" (cit. la mia ex segretaria) dall'abuso di vocabolario fuori contesto. Nel caso del latinorum, scopo di don Abbondio era intimidire il povero Renzo rimettendolo al suo posto.
Nel caso dell'ubris?

PS: Conosco SC da 37 anni e non ho creduto per un sono istante che lei abbia voluto in qualche modo farmi pesare la sua diversa cultura. Ha semplicemente usato una parola che lei conosce e io no.

19 marzo 2020

La scuola al tempo del coronavirus

Finalmente, dopo aver tergiversato per settimane, Boris Johnson ieri ha annunciato la chiusura di tutte le scuole a partire da lunedì. Matilde era a casa già da ieri (mercoledì), quindi martedì è stato il suo ultimo giorno di scuola e non lo sapeva. Non ha salutato nessuno, non sono uscite garrule dai cancelli dopo una giornata di festeggiamenti e di arrivederci a settembre.
Niente.
Tommy, invece, come tutti gli studenti del suo anno nel bel mezzo di una settimana di esami, ha ascoltato la conferenza stampa del primo ministro, incredulo. Scuola finita e, soprattutto, A-levels cancellati. Niente maturità.
Passato il primo momento di sbalordimento e superato lo sconcerto resta adesso da affrontare l'incertezza: non sanno ancora, infatti, come saranno valutati e come questo influenzerà le ammissioni all'università.
Fin qui le conseguenze pratiche.
E il resto?
Non conosco nessuno che non ricordi vividamente l'esame di maturità. Che sia un trionfo o un fallimento, è comunque e per tutti un rito di passaggio: il liceo è ancora "scuola", con i suoi ritmi decisi dai professori, la lunga teoria dei compiti a casa, delle verifiche e delle interrogazioni in classe, scrutini, pagelle e gite scolastiche. Dopo la maturità, l'università o, addirittura, il mondo del lavoro esigono che ciascuno di noi si prenda le proprie responsabilità. Non più adolescenti, quindi, adulti.
Maturi, per l'appunto.
Ogni fase della vita è definita da un rito, che sia religioso o civile.
Ricordo quando io e mio marito siamo andati a vivere insieme. Non eravamo ancora sposati, e quando quella sera è venuto a prendermi con l'auto carica dei suoi bagagli, il suo cuscino sul sedile di dietro, i miei genitori dietro il cancello ormai chiuso di casa loro, abbracciati. Ho pianto.
Non credo che Tommaso piangerà, adesso per esempio lo sento ridere dal piano di sopra perchè, in chat con i suoi amici, sta organizzando qualcosa per domani mattina, quando si saluteranno, studenti e professori, in questo anticipato ultimo giorno di scuola. Ma questo pezzo gli mancherà per sempre .
E' solo un piccolissimo, insignificante dettaglio in questa immane tragedia che sta sconvoglendo il mondo e non ne sto certo facendo un dramma. E' solo una conseguenza senza nessuna importanza.

Fatti un giro nelle mie scarpe

I ragazzi sono straordinari: a volte ti guardano con quella faccia da schiaffi, tutta brufoli e arroganza, altre invece ti sorprendono con idee brillanti.
I miei litigano poco, ma ogni tanto capita. Qualche giorno fa, Matilde, dopo una di queste rare discussioni, mi ha comunicato felice che lei e Tommy hanno deciso di "scambiarsi le passioni", così da provare a capirsi meglio. Lui si è impegnato ad ascoltare una play list di canzoni dei BTS, boy band di K-Pop, 7 ragazzi(ni) coreani che ballano come se da questo dipendesse il futuro del mondo.  Stiamo parlando di questa roba qui. Matilde, in cambio, si dedicherà ad approfondire la fenomenologia di Pewdiepie (leggasi piudipai), ovvero il suo sguardo su Minecraft, gioco che appassiona Tommaso dai tempi della Francia, parliamo quindi del 2014 massimo 2015... un'era geologica fa, considerando l'età del soggetto.
Ho qualche difficoltà a credere che arriveranno ad apprezzare l'uno le passioni dell'altro, ma sono convinta che sia un esercizio meravigliosamente utile. Sarà interessante osservarne gli sviluppi.

Altra casa, altra situazione. Il coronavirus ha, dalle mie parti, costretto molte famiglie a una convivenza forzata in orari normalmente dedicati a scuola e lavoro. Coniugi e figli che, d'abitudine, vivono insieme "a intermittenza", da qualche settimana devono condividere spazi e connessioni internet, il tavolo della cucina che diventa ufficio mio prima di mezzogiorno e tuo dopo pranzo; ragazzi ai quali è stato vietato l'allenamento sul campo di calcio o le prove alla scuola di musica e che, senza scuola, non vedono più gli amici, oltre che i professori (dei quali, magari, fanno anche volentieri a meno!). Una mia amica mi raccontava di essersi stupita dai ritmi di lavoro di suo marito: una sequela ininterrotta di telefonate, di mail urgenti, di interventi da completare per un'ora fa. Ha anche avuto l'opportunità di contare quanti caffè lui beva mediamente ogni giorno: 8. Altro che gastrite!
Lui, d'altro canto, le ha domandato in un paio di occasioni come riesce a sopportare tutti i giorni il suo carico di lavoro da libera professionista unito il peso delle incombenze pratiche e delle conseguenze emotive derivanti dall'avere una figlia gravemente malata. A parole "conoscevano" l'uno le difficoltà dell'altra; adesso che le hanno viste le "capiscono".

Per me significherebbe, nel caso dell'esperimento dei miei figli, ascoltare musica ska, guardare film pieni di sbudellamenti o le partite di Champions, leggere libri di Valerio Massimo Manfredi o riviste di Vespe&Lambrette... Ne sono capace e l'ho fatto, ma... bleah...  l'ho fatto più per sentirmi libera di criticare, non con un vero desiderio di comprensione, di "mettermi nelle sue scarpe". Io, che mentre scrivo ascolto De Andrè o Grieg,  non riesco a capire come si possano apprezzare queste per più di dieci minuti. Ma ovviamente questo è solo un gioco.
Il punto, quello vero, è che senza esperienza diretta sembra impossibile capirsi.

Forse a questo servono i poeti.


17 marzo 2020

Cosa sarebbe dell'umanità senza la poesia?

D'improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell'immensità

Alla fine, qualcuno conterà i morti.

Usciremo, e sarà caldo e ci sembrerà straordinario poter scegliere un tavolino al consueto bar e ordinare un caffè, respirando il profumo dei tigli.
Di questo tsunami resterà traccia nella nostra memoria, per sempre. Ma, come hanno detto tanti prima di me e, senza alcun dubbio, meglio di me, "lei" non se ne sarà accorta: settimane di silenzio interrotto solo dalle sirene delle ambulanze non avranno avuto nessun effetto sui suoi ritmi: farà caldo, i tigli saranno fioriti, la bassa marea del primo mattino invoglierà a fare una lunga nuotata. Mio figlio sostiene che l'umanità sia un danno per la natura e che meglio sarebbe per il mondo se noi, semplicemente, non esistessimo. Sarebbe vero se fossimo solo molecole.

Riempiamo i nostri giorni di grandezza, perchè non ci tocchi in sorte di dover riconoscere di aver sprecato il nostro tempo.

16 marzo 2020

Il punto di non ritorno

Il punto di non ritorno è quando, dopo, ti accorgi di aver detto che il film "lasta" un'ora e tre quarti, che qualcuno "ringa" alla porta e che, you know, mia figlia "applicherà" per chimica.
Eh già...

14 marzo 2020

Civiltà



Loro hanno supermercati vuoti: oggi mancavano pasta, farina, riso, carta igienica, fazzoletti di carta, latte a lunga conservazione, amuchina, candeggina e disinfettanti per le superfici domestiche e per il bucato, i nostri supermercati hanno tutto ciò che serve.
Noi cantiamo sul balcone, loro prevedono molti decessi fra le persone care.
Noi facciamo tutto il possibile per salvare il maggior numero possibile di persone, indipendentemente dall'età e dalla convenienza economica, loro ritardano la chiusura delle scuole perchè ogni mese di fermo causa una contrazione del pil del 3%.
Il loro Paese è ricco ma la loro gente è povera, di una povertà che fa tristezza: bambini ai quali viene offerta la colazione gratis a scuola, ragazzi con le ginocchia storte, scolari con pantaloni troppo corti, uniformi lise e scarpe sporche. Noi avremo un rapporto deficit/pil drammatico ma abbiamo dignità.
Loro hanno la regina, Ascot e il tè delle 5, ma hanno anche il tasso di sopravvivenza al cancro e  un'aspettativa di vita più bassi del mondo occidentale, un tasso di alcolismo precoce drammatico e una incidenza di gravidanze fra le adolescenti che a noi fanno orrore. Stockport, una città di 150.000 abitanti, ha in un anno un numero di omicidi che è 7 volte quello di Milano, che è quasi 10 volte più grande.

Loro hanno numeri e statistiche, noi abbiamo cuore e cervello.

Mai come in questi giorni ho sentito nostalgia di casa.

11 marzo 2020

giochi di potere



Insegno come volontaria per un'associazione che si chiama, facciamo, "Bimbi Parliamo Italiano".
La BPI è costituita come associazione, secondo il diritto britannico. Ha un presidente, un tesoriere e un segretario; chiamiamoli Simona, Valentino e Samantha. Ci sono anche le maestre, 4, tutte volontarie. Conta inoltre una 50ina di bambini di età compresa fra 1 e 12 anni, con relativi genitori.
La BPI organizza un incontro al mese della durata di un paio d'ore: i piccoli giocano, i medi imparano canzoncine, mentre i grandi fanno un'oretta di lezione prima della merenda.
Riuscite a immaginare il peso economico e politico di questa cosa? Io sì: zero.
Nonostante la sua assoluta mancanza di importanza, alcune delle persone starnazzano come galline per spartirsi il microbico e inutile potere che deriva dall'essere titolari di una delle cariche. Perciò sono stata informata oggi di un incontro "a porte chiuse" tenuto da presidente, tesoriere e segretario su richiesta di questi ultimi due, incontro durante il quale sarebbero state sollevate obiezioni in merito al comportamento di alcune delle maestre che sarebbero state aggressive e irrispettose della "catena di comando" (sic) essendosi lamentate con il segretario per via freddo in un'occasione e in un'altra a causa della presenza di una bambina di 4 anni nel gruppo dei 5-6enni. Nel corso di questo incontro, il presidente, invece di dire alle due galline starnazzanti che di tali supposti problemi non intende occuparsi, ha detto "ghe pensi mi" e, congedate le postulanti, ha preso il telefono per redarguire la maestra che funge da "direttrice della didattica" (e che nulla c'entra con le lamentele) circa il fatto che "l'associazione non può rimanere senza segretario/tesoriere".

Lettura 1. Due delle maestre ritengono che questa manfrina sia una scusa per indurci ad andarcene, lasciando così campo libero alle galline di scegliersi le maestre che vogliono e indurle a rispettare la "catena di comando" alla quale, evidentemente, tanto tengono.

Lettura 2. Samantha o Valentino o tutti e due hanno grossi problemi personali e, come uno che sull'orlo di un divorzio rovinoso si lamenta del buco nel calzino, sfogano la loro frustrazione sulla BPI.

Lettura 3. Che sia vera la lettura 1 o la 3 o nessuna delle due, ma vi pare che io debba venire fino a Manchester per sopportare beghe in stile oratorio di paese, roba che neppure i dodicenni fanno???

08 marzo 2020

La colpa al tempo del coronavirus


La mia è una famiglia spezzata: un pezzo al di qua della Manica, un altro al di là delle Alpi.

E' uno stato di cose sempre difficile, a volte doloroso. Non mi sento mai in un posto "mio": qui mi mancano le mie radici, i miei affetti di sempre, le amiche con le quali ho condiviso decenni, i panorami consueti, quelli che scaldano l'anima anche quando annoiano. Là mi manca una casa, le abitudini che, in questi anni, sono diventate quotidiane, le amiche nuove, alcune delle quali mi sono tanto care, i panorami non ancora consueti ma non più nuovi. Mi manca anche il senso di possibilità che ogni novità porta sempre con sè.

Ma è in periodi come questo che lo stato di cose evolve in senso di colpa. 
Venerdì, dopo aver sentito la voce di mio padre al telefono (depressa, tristissima...), sono andata sul sito di Easyjet e ho trovato un volo perfetto: partenza sabato mattina alle 8 e rientro lunedì verso mezzogiorno... mi ha fermata la paura che il Governo decidesse di estendere la zona rossa e che mi venisse impedito di ripartire. Non ho mai buone intuizioni, solitamente vengo travolta dagli eventi e mi sento dire che erano nell'aria. Stavolta non serviva chissà quale intuito, era solo questione di tempo. Certo, posso sempre partire: ho una carta di identità dalla quale risulta una inconfutabile residenza lombarda. 

Arrivo, ma non riparto. Ecco il dilemma: lascio sola la mia mezza famiglia di qui o la mia mezza famiglia di là? Qualunque scelta faccia, lascio mezza famiglia...

30 gennaio 2020

L'amore quando è autunno

Ovvero quando non dobbiamo più essere felici "per forza",
quindi possiamo essere felici "per davvero".


PS: Scusate (o meglio, scusa, tanto mi leggi solo tu...) la pessima qualità del video ma è l'unico che sono riuscita a condividere da YouTube. Evidentemente le mie competenze tecniche lasciano molto a desiderare

23 gennaio 2020

Scolliniamo

Io amo la luce.
Ho bisogno di luce come dell'acqua fresca quando fa caldo, come del gorgogliare dell'acqua nei pluviali quando sgela, come del crepitare delle fiamme nella stufa quando a Ponte nevica.
Quando, a Settembre, ricomincia la routine invernale fatta di sveglie prima dell'alba, scuola, ufficio, lezioni... quello che mi infastidisce non è tanto la routine tout court, quanto la certezza che, entro poche settimane, il mondo sarà buio. Qui, dove in inverno il sole sorge alle 8 e tramonta alle 4, la mancanza di luce è un problema serio: i ragazzi tornano da scuola accendendo le torce del telefono!
Ma poi arrivano le vacanze di Natale, e con loro le consuete due settimane in Italia. Iniziano attorno al solstizio d'inverno e, al nostro rientro... sorpresa! L'allungamento delle giornate è sensibile, bastano due settimane perchè, dalla nostra partenza al rientro, il miracolo si compia: non più torce al rientro da scuola, questo regalo di luce porta quel briciolo di tepore che invoglia a spuntare i primi piccolissimi germogli e il sogno di giornate tiepide e lunghe si fa promessa.

15 gennaio 2020

Dilemmi

Recentemente mio figlio ha raggiunto un bel traguardo per il quale ha lavorato sodo per anni: se l'è meritato!
Ovviamente, ho immediatamente informato i miei genitori, che stavano aspettando la risposta. Altrettanto ovviamente l'ho detto alle persone che in un modo o nell'altro l'hanno aiutato (nessuno fa niente da solo). L'ho poi comunicato, con dovizia di particolari ;-), alle persone che mi avevano chiesto di essere tenute al corrente: un paio di amiche, un paio di cugine... E fin qui (quasi) tutto normale.
Ma da qui in poi arrivano i problemi: cosa fare con le persone che conoscevano la strada intrapresa da Tommy ma non avevano chiesto niente, neppure per cortesia? Quelle persone che, se glielo dico, si infastidiscono ma se non lo faccio poi "l'hai detto a tizio che l'ha detto a me e io non lo sapevo e ho fatto la figura di chi viene tenuto all'oscuro eccetera eccetera..."?
E non sto parlando di estranei, parlo ad esempio di mio fratello, nella famiglia del quale c'è chi fa costantemente confronti considerando però solo quello che pare a loro e non il quadro generale.
E' una bella notizia che mi fa piacere condividere, ma so che alcuni pensano che questo sia equivalente a vantarsi, come se il senso fosse "lui ce l'ha fatta e tu no, cicca cicca...", come se alla notizia dell'ammissione all'università della figlia della mia amica un anno prima della maturità io avessi reagito con invidia anzichè con gioia sincera... ma si può essere così meschini?
Anni fa raccontavo del colloquio col professore di matematica di mia figlia, colloquio ridicolo in certe esagerate espressioni di stima. Il commento del mio interlocutore è stato lapidario e glaciale: sì, abbiamo capito che tua figlia è un genio. E pensare che io stavo ridendo del prof! Come classificare certe reazioni? Fastidio? Invidia? "Che palle questa parla solo della scuola"? Non so darmi una risposta, certo che ha fatto male e per un po' ho smesso di condividere belle notizie. Non avendo notizie brutte (ringraziando il cielo!), ho smesso di condividere tout court. Ma, così facendo, i legami si allentano: già vivo lontana, sembra proprio di voler tagliare i ponti.
Insomma, apparentemente non c'è una strada sicura: non dir niente a nessuno ha conseguenze, dirlo ne ha altre, dirlo a qualcuno sì e ad altri no ne ha altre ancora...
Avete una ricetta?

07 gennaio 2020

Anche i genitori sono figli

L'ultimo a morire è stato Pino, mio nonno paterno. Aveva da poco compiuto cent'anni: entrato in ospedale poco prima di natale per una bronchite di poco conto, ha semplicemente smesso di mangiare, lasciandoci dopo poche settimane.
Uscendo dal cimitero il giorno del funerale, ho sentito mio padre dire a mia madre "Ecco, Angela, adesso siamo davvero soli".