30 marzo 2022

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E, niente: mi manca casa...

28 marzo 2022

Il danno scolastico - part two

 Al di là dell'aneddotica e delle statistiche, il concetto che ritengo più degno di nota è quella "catastrofe cognitiva" della quale parla Ricolfi nel secondo capitolo del volume (da pag 25 in avanti).

"La studentessa impreparata (...) non capisce le domande".  E più avanti: "...fra la studentessa che prende 30 o 30 e lode e la massa di studenti che sono ampiamente sotto la sufficienza ... corre un abisso cognitivo ... che è innanzitutto di organizzazione mentale e capacità di assimilazione". E ancora "...l'età mentale di Martina è quella di una bambina di 8, massimo dieci anni. Per non parlare della padronanza della lingua italiana..." (Martina è il corrispondente moderno dei Gianni e Pierino di Barbiana)

Ricolfi prosegue poi interrogandosi sulle cause di tutto ciò, e qui arriva il punto a mio parere interessante: lui ritiene che la scarsa qualità degli studi precedenti, ancorché necessaria, non sia in realtà sufficiente a spiegare il disastro. Ecco cosa dice: "La mia sensazione nettissima, una sorta di certezza intuitiva, è che Martina non ce la farà mai. Può studiare quanto vuole, impegnarsi allo spasimo, ma il suo software mentale ha limiti intrinseci, strutturali, probabilmente definitivi.". E poco dopo: "È come se il cervello di Martina avesse una sorta di tara, o avesse subito una lesione che le impedisce di fare pensieri adulti..." Ricolfi si domanda a questo punto se la scarsa qualità della scuola, oltre a spiegare la presenza di lacune possa anche spiegare l'impossibilità di colmarle una volta superata una certa fase di sviluppo. Facendo un parallelo fra un esperimento su gattini e lo sviluppo di abilità cognitive, Ricolfi dice che "se certe abilità, a partire dalla piu fondamentale, la piena padronanza della lingua e delle sue strutture, non le hai apprese nel momento giusto, sarà estremamente difficile per te farlo in un momento successivo. E sarà tanto più difficile quanto più una certa abilità (per esempio la capacità di astrazione) ne presuppone altre..."

Non ho competenze per giudicare la fondatezza del parallelo gattini ciechi - sviluppo cognitivo umano ma, accettandone la validità, il quadro che ne esce è drammatico: gli insegnanti che lavorano oggi nelle scuole o sono prossimi alla pensione o sono stati formati dopo che le varie riforme sono entrate in vigore, quindi ne hanno subite le conseguenze. Se fosse vero, saremmo prossimi a un punto di non ritorno.

Questo fenomeno non è solo italiano, qui ne ho visti parecchi di esempi luminosi: dall'insegnante di tedesco che chiede a mia figlia di spiegare la differenza fra who e whom perchè lei (la prof) non sa come fare, al mio mentore che mi dice "ti ha chiesto la formula, dagli la formula" senza capire che questo cambia la natura dell'esercizio, al prof di economia che mi chiede di spiegargli la notazione scientifica o quello di matematica che non sa perchè il coseno di un angolo non cambia al cambiare della lunghezza dell'ipotenusa. Potrei continuare.

[Effetto dell'abbassamento del livello della scuola inglese: un "nome" è come chiamiamo le "cose", quindi "idea, profumo, paura" non sono nomi. Gli aggettivi sono "describing words", quindi "mio, qualunque, due" non sono aggettivi. I verbi sono "action words" quindi "penso, sto, sogno" non sono verbi. Scusate, non ho resistito!] 



Povera patria

25 marzo 2022

Il danno scolastico

Prendendo spunto da questo post di Andrea, ho letto il libro. Meglio: i due libri dentro un’unica copertina: quello della Mastracola (aneddotico, leggerino, con qualche errore -deliberato?_ interpretativo qua e là…) e quello di Ricolfi (analitico e interessante).

Dico subito che, pur non avendo né l’esperienza di lei né l’accesso ai dati e la capacita di analisi di lui, la consapevolezza che una scuola mediocre penalizza le classi intellettualmente meno preparate (non ricche: intellettualmente preparate) è da tanto tempo una delle mie più profonde convinzioni: ritengo che la scuola debba essere lunga, lenta e ambiziosa. Che debba insegnare a ragionare e non a ripetere a pappagallo contenuti -ma che senza contenuti sia impossibile ragionare. Che debba tornare a poche materie di base fatte benissimo (grammatica, matematica, latino, filosofia, imparare a leggere e capire un testo letterario o scientifico, imparare a scrivere un testo letterario o critico o speculativo, arte e musica ma quelle belle, non pifferi e lavoretti coi fili di lana…), perché per il coding e la redazione di business plan c’è tempo. Che debba lasciare spazio, tantissimo spazio, alla curiosità a alla creatività perché queste sono alla base di ogni sincero desiderio di imparare. Sarebbe sufficiente a scongiurare la catastrofe cognitiva della quale parla Ricolfi?


La ragione per la quale una scuola modesta penalizza le classi meno colte è presto detto: chi avverte i limiti della scuola può sopperire in casa; chi non li capisce, perché non ne ha gli strumenti intellettuali o perché non interessato o perché con la testa piena di preconcetti, non può far niente. Non è la ricchezza la discriminante: in un Paese pieno di musei, arte e biblioteche, la povertà non è quasi mai un limite e la povertà intellettuale non ha scusanti. Questo è il primo errore della Mastracola: lei paragona la sua condizione a quella dei ragazzi di Don Milani, un errore marchiano. Lei, figlia di un ambizioso piccolo borghese (diciamo pure piccolissimo…) che, pur al di fuori dei tempi canonici, riesce a diplomarsi, cresce in un ambiente stimolante, nel quale la cultura e il titolo di studio hanno un valore, e la ricchezza culturale, non importa se modesta, è un obiettivo al quale tendere. I ragazzi di Don Milani, passano dall’aula alla campagna dove pascolano le pecore, arrivano a scuola solo perché i loro genitori devono assolvere un obbligo legale, parlando solo dialetto e, molti di loro, senza aver mai tenuto una matita in mano. La differenza è eclatante e non vederla, temo, intenzionale.


[Inserisco qui una seconda critica all’opinione diffusa sulla Lettera a una Professoressa. È vero che la prima proposta del gruppo di Barbiana riguarda il divieto di bocciare ma, accanto a questo, propone una scuola lunga (tutto il giorno, tutto l’anno) perché colmare il divario fra Pierino e Gianni richiede tempo. Propone anche una sorta di vita monacale per gli insegnanti perché il loro lavoro richiede una dedizione totale, che mal si concilia con gli impegni famigliari, ma Don Milani è un prete e forse non si rende conto di cosa dice! Il terzo punto, interessante ma poco approfondito, riguarda il “fine” della scuola. Nel suo libretto, individua come scopo della scuola la capacità di “intendere gli altri e farsi intendere”, da cui lo studio delle lingue. Meriterebbe una discussione a parte.

Una proposta articolata in 3 punti dei quali la politica e, temo, la scuola hanno considerato solo il primo: non bocciare. Da questo “malinteso” (le virgolette perché non penso che sia un malinteso) discende gran parte del disastro educativo di cui parlano Mastracola e Ricolfi.]


Nel mio piccolo, ho visto ragazzini di prima media incapaci di disegnare, su un piano cartesiano, righe parallele verticali un quadretto sì e uno no, in prima liceo non sapere come funzionano le sottrazioni col prestito (che significa non aver capito una cippalippa della struttura decimoposizionale nel numero), sedicenni non essere capaci di calcolare un ottavo di due noni. Non sanno scrivere sulle righe; io, italiana, devo fare loro lo spelling di parole come Pythagoras o hexagon… ma questa aneddotica non descrive accuratamente la situazione, che è drammatica. 

Leggevo i risultati di una ricerca sullo svantaggio dei bambini provenienti da famiglie disagiate in UK. [piccola nota. Esistono qui due tipo di “disagio”: il primo di natura solo economica: al di sotto di determinate condizioni economiche, i bambini hanno diritto ai pasti gratuiti a scuola. La seconda categoria prende in considerazione bambini che hanno avuto diritto ai pasti gratuiti e che ora hanno superato la soglia, ma anche, ad esempio, bambini in affido, recentemente adottati, chi è rientrato nella famiglia d’origine dopo un affido temporaneo e altre situazioni che possono avere influenza sul rendimento scolastico]. Ebbene, questi bambini arrivano agli esami della nostra 5^ elementare avendo accumulato un anno di ritardo nella preparazione, cioè hanno a 11 anni la preparazione che ci si aspetta da bambini di 10 anni. Cinque anni dopo, agli esami di fine obbligo scolastico (si chiamano GCSE e si fanno dopo la nostra 2^ liceo), lo svantaggio accumulato raddoppia: affrontano esami che hanno influenza su tutta la vita professionale con la preparazione di bambini di terza media. Le conseguenze sono drammatiche. La conclusione del paper è lapidaria: la scuola non solo non è in grado di colmare il gap, ma lo peggiora.

Quali sono a mio avviso i difetti di questa scuola? Il primo: non si boccia. Il secondo: classi enormi (insegnate voi matematica a gruppi di 30 adolescenti stipati in aule progettate per 20). Il terzo: niente orali. Il quarto: niente libri di testo. Ce ne sono altri (uniformi, igiene…), ma mi fermo qui. Questo riguarda la scuola in UK e solo la scuola dell'obbligo: il secondo biennio di scuola superiore ha un'organizzazione tale da raggiungere mediamente livelli di preparazione altissimi, ,ma questo è un discorso diverso.

In Italia la situazione è migliore, ma temo non di molto. 


Ho prestato il volume a una mia amica che si occupa di educazione da 30 anni. Sono curiosa di sapere cosa ne pensa!

03 marzo 2022

Confessione breve

Ieri ho commentato un post che una mia "amica" ha scritto su Facebook che riguardava la cancellazione di una serie di eventi sulla musica russa organizzati da un teatro a Genova. Ho commentato dicendo qualcosa di molto generico a proposito dell'assurdità di tale decisione, e qualcuno ha deciso di mettere un bel pollicione al mio pensiero. Fra gli altri, una signora dal nome russofono. Sono andata a vedere il suo profilo per curiosità e ho scoperto non solo che è russa, cosa di per sé di nessuna importanza, ma che giustifica e sostiene l'operazione di Putin.

Fin qui i fatti.

La mia confessione riguarda la mia reazione di fastidio: come può una persona che condivide l'ideologia di Putin e il suo operato condividere anche la mia opinione sull'universalità della cultura in generale e della musica in particolare? O, in altre parole: come può una persona cattiva e erronea in un ambito, essere nel giusto in un altro? Mi dà fastidio quel suo pollicione al mio commento, come se da solo fosse sufficiente a creare una sorta di complicità fra me e la signora russa pro-Putin.

Lo so: siamo tutti contemporaneamente buoni e cattivi, ma trovo difficile conciliare certi livelli di cattiveria con umani, universali sentimenti.