13 luglio 2021

Dire, Fare... Brigare

Ci sono uomini del "dire" e uomini del "fare", sostiene la mia amica.

Fini conoscitori dell'anima umano, i primi, raffinati conversatori, talvolta pozzi di cultura, tanto affascinanti a tavola quanto, talvolta, inutili se si fulmina una lampadina. Viaggiano con la mente verso destinazioni irraggiungibili in treno, costruiscono interi mondi immaginari e là dentro si perdono, confondendoli con (o forse preferendoli a) la realtà.

Maestri nell'alleviare le fatiche quotidiane i secondi, straordinari nella gestione della routine spesa-mestieri-lavoro, fanno della preparazione di una zuppa calda per cena una dichiarazione d'amore. Viaggiano, dopo aver pianificato il pianificabile, verso ciò che di meraviglioso il mondo e il loro portafogli hanno da offrire e, alla fine del viaggio, svuotano valigie e fotocamere. 

Io, che negli anni della mia adolescenza ero un'inguaribile romantica, avevo scelto come possibile compagno di vita un uomo del dire, trovandomi poi sommersa, oltre che di straordinarie parole, di cose da fare senza altro aiuto che un cortese: tranquilla, non c'è fretta, io posso aspettare... bontà sua.

Ho conseguentemente scoperto il fascino del compromesso e, al prezzo di conversazioni meno brillanti, ho privilegiato la serena e sicura presenza di un uomo dalle mani d'oro e, soprattutto, graniticamente affidabile: quello che dice, fa. Senza il suo discreto aiuto, quest'anno non sarei riuscita a fare quello che ho fatto.

Una vita serena non è ciò che sogna un'adolescente, ma si cresce e, dopo anni sulle montagne russe, era esattamente quello di cui avevo voglia e, forse, bisogno. Mi mancano le profonde conversazioni? Sì, inutile negarlo. Ma per quelle ho straordinarie amiche e un figlio che evidentemente assomiglia più a me che a lui. 

Forse troppo, ma questa è un'altra storia!


Ps: questa non vuol essere una lezione, è solo una microbica riflessione conseguente a una domanda circa il valore o il disvalore del compromesso.