19 giugno 2019

Madri 2.0






La genitrice versione Madri 0.0 è la nullipara che nulla sa ma che tutto immagina, sogna e, talvolta, insegna. E' quella che "Quando avrò figli miei niente cellulari fino ai 28 anni, verdurine bio per cena e a letto alle 8", quella che vede se stessa cullare tutta la notte il suo tenero frugoletto avvolto in sofficiose copertine color "mio minipony" in camerette profumate di talco.

Il parto la trasforma nella versione Madre 1.0


Stanchezza a mille, trucco&parrucco questi sconosciuti, la "Ode Alla Tuta" che diventa "Ode AllaTata" nei momenti di maggior sconforto. Impara però prestissimo di avere sovrumane risorse: al di là dell'ovvia capacità di restare lucida pur nella cronica carenza di sonno e di conversazioni con adulti senzienti, scopre di essere in grado di resistere a puzze nauseabonde e a raccapriccianti immagini di cordoni ombelicali che si staccano, croste lattee, mughetti e muchi verdognoli che escono da ogni pertugio, orecchie e nasini in testa.

Il rientro al lavoro la trasforma nella versione evoluta, la Madre 1.5


Stanchezza alla "millissima", trucco&parrucco obbligatorio ma che fatica, niete più tuta ma dov'è finito il mio punto vita? Eppure ne avevo uno: lo dimostrano, sghignazzando, i miei tailleur pregravidici. (Sghignazzano, i tailleur... giuro, io lo ho visti!) la vita quotidiana che si trasforma in un puzzle dal quale avanza sempre un pezzo che morire che trovi la sua collocazione. In "aiuto" alla Madre 1.5 corrono nonne, suocere, tate, amiche. I padri, no: "loro" devono lavorare!
PS: a proposito, la tizia della fotografia non sta chiacchierando con la sua amica del cuore, non sta neppure fissando un appuntamento col parrucchiere: sta lavorando.

La patente dei figli determina l'evoluzione nella versione Madre 1.8, ma questa è un'esperienza che mi manca, devo chiedere alla mia amica Chiara di illuminarmi in proposito.


La patente rappresenta il passaggio all'età della loro (parziale) indipendenza da noi e della nostra (parziale) liberazione dai loro impegni. Immagino qualche iniziale momento di ansia, poi la cosa diventerà normale, come sempre: si fa l'abitudine a tutto, anche ai figli con la patente. Ma attendo lumi...

E la versione Madre 2.0, quella serena che non ha più responsabilità se non verso se stessa, che può ricominciare a dedicarsi tempo e risorse con piacere e senza sensi di colpa, quando arriva? 



07 giugno 2019

Switching perspective (without the "s")



Rifo.
Io sono una "expat". O, per essere molto più precisa, una expat wife. Moglie laureata e dai molteplici interessi di un professionista laureato e multi specializzato, selezionato su LinkedIn da un head hunter a caccia di talenti e attirato in UK con un contratto dai contenuti interessanti; bella casa, figli sani, intelligenti e studiosi, belle prospettive per il futuro. E se la brexit dovesse diventare un problema, tanti saluti a tutti e me ne torno a casa a spese dell'azienda.
Kwabena Michael, invece, è un "migrant". Nato in Ghana, dopo la laurea si è sposato e è partito per l'UK. Vivono in 4 in una casa di 80 mq per la quale pagano un affitto di 6.000 pounds all'anno più le spese e gestiscono il fantasmagorico budget di circa 22.000 pound -lordi- all'anno, frutto di due stipendi per un lavoro a tempo pieno e uno part time. Ha un permesso di soggiorno e di lavoro permanente che di permanente ha poco: basta un errore nel calcolo delle tasse, una multa non pagata (magari perchè non recapitata, è successo), una prolungata assenza da scuola non sufficientemente giustificata dei figli (è successo anche questo: l'assenza non giustificata comporta una multa che, se non pagata, diventa debito nei confronti del Council, cioè una cosa paragonabile a un'imposta evasa), un solo inciampo e la sua famiglia diventerebbe improvvisamente indesiderata e, conseguentemente, espulsa.
Ecco: pur condividendo, sulla carta, lo stato di residente senza cittadianza, non credo che potrei mai calarmi nella sua precaria realtà quel tanto che basta per capire come ci si sente. Cambiare prospettiva non è un esercizio facile.

Nonostante tutte le mie paturnie, sono una privilegiata, come ha saggiamente osservato la mia amica.
Sarebbe il caso che ne prendessi atto e cominciassi a star bene.

La mia amica ha suggerito un'altra questione interessante: chissà se qualcuno avrà mai provato a cambiare modo di guardare me? Ma forse viviamo a compartimenti stagni...

PS: Kwabena Michael non esiste, la sua storia invece è vera. Ho lavorato, purtroppo per poco tempo, negli uffici del patronato di un sindacato italiano piuttosto sinistroide e lì ho avuto modo di vedere gente che venderebbe un rene per garantire ai figli quello che noi diamo per scontato: la consapevolezza di poter affrontare serenamente gli eventi della vita.

03 giugno 2019

Switching perspectives



Che esercizio difficile!
Significa imparare a considerare ogni cambiamento un'opportunità o, come diceva Tommaso da piccolo, imparare che ogni rovescio ha una sua medaglia.

È passato qualche giorno da quando ho cominciato a imbastire questo post, ma non riesco a concluderlo. Evidentemente, cambiare prospettiva è un esercizio troppo difficile per me, perfino quando si tratta solo di scriverne, di pura teoria (figuriamoci mettere in pratica qualcosa...).

Sarà bene che provi a affrontare quello che sembra essere un problema.