I miei figli studiano lontano (l'avrò detto quelle tre o quattrocento volte, credo...) e vengono a casa, quando vengono, solo per le vacanze: Natale, Pasqua, estate. Là, vivono vite indipendenti: i prestiti del governo permettono loro di non dipendere poi tanto da noi, almeno nella gestione quotidiana, decidono senza sentirsi osservati (e quindi giudicati, immagino) se saltare una lezione, a che ora rientrare la sera o svegliarsi alla mattina, cosa mangiare (e bere...), chi frequentare.
Non li vedo quando sono tristi o stanchi o felici o si sentono soli, non so se le esperienze che stanno vivendo li rendano soddisfatti di loro stessi oppure si sentano soverchiati dalle mille cose da fare, dai mille stimoli... Devo fidarmi delle loro telefonate e accontentarmi di esserci quando loro hanno desiderio di parlarmi. Posso solo sperare che abbia ragione chi dice che se non chiamano è perché va tutto bene.
Speriamo.
Mi domando però se questa situazione non causerà un "allentamento" del nostro legame, se non li stia portando a considerarmi una persona della quale si può fare a meno.
Soprattutto M, quando siamo insieme è come se non ci fosse familiarità. Non parlo di confidenze, parlo di confidenza, di quell'abitudine a fare cose insieme che è necessaria perché la condivisione non sia faticosa, non sia intenzionale, ecco.
Forse sono solo sciocchezze, forse è questo term che mi sembra straordinariamente lungo, però ci penso tanto...