19 marzo 2020

Fatti un giro nelle mie scarpe

I ragazzi sono straordinari: a volte ti guardano con quella faccia da schiaffi, tutta brufoli e arroganza, altre invece ti sorprendono con idee brillanti.
I miei litigano poco, ma ogni tanto capita. Qualche giorno fa, Matilde, dopo una di queste rare discussioni, mi ha comunicato felice che lei e Tommy hanno deciso di "scambiarsi le passioni", così da provare a capirsi meglio. Lui si è impegnato ad ascoltare una play list di canzoni dei BTS, boy band di K-Pop, 7 ragazzi(ni) coreani che ballano come se da questo dipendesse il futuro del mondo.  Stiamo parlando di questa roba qui. Matilde, in cambio, si dedicherà ad approfondire la fenomenologia di Pewdiepie (leggasi piudipai), ovvero il suo sguardo su Minecraft, gioco che appassiona Tommaso dai tempi della Francia, parliamo quindi del 2014 massimo 2015... un'era geologica fa, considerando l'età del soggetto.
Ho qualche difficoltà a credere che arriveranno ad apprezzare l'uno le passioni dell'altro, ma sono convinta che sia un esercizio meravigliosamente utile. Sarà interessante osservarne gli sviluppi.

Altra casa, altra situazione. Il coronavirus ha, dalle mie parti, costretto molte famiglie a una convivenza forzata in orari normalmente dedicati a scuola e lavoro. Coniugi e figli che, d'abitudine, vivono insieme "a intermittenza", da qualche settimana devono condividere spazi e connessioni internet, il tavolo della cucina che diventa ufficio mio prima di mezzogiorno e tuo dopo pranzo; ragazzi ai quali è stato vietato l'allenamento sul campo di calcio o le prove alla scuola di musica e che, senza scuola, non vedono più gli amici, oltre che i professori (dei quali, magari, fanno anche volentieri a meno!). Una mia amica mi raccontava di essersi stupita dai ritmi di lavoro di suo marito: una sequela ininterrotta di telefonate, di mail urgenti, di interventi da completare per un'ora fa. Ha anche avuto l'opportunità di contare quanti caffè lui beva mediamente ogni giorno: 8. Altro che gastrite!
Lui, d'altro canto, le ha domandato in un paio di occasioni come riesce a sopportare tutti i giorni il suo carico di lavoro da libera professionista unito il peso delle incombenze pratiche e delle conseguenze emotive derivanti dall'avere una figlia gravemente malata. A parole "conoscevano" l'uno le difficoltà dell'altra; adesso che le hanno viste le "capiscono".

Per me significherebbe, nel caso dell'esperimento dei miei figli, ascoltare musica ska, guardare film pieni di sbudellamenti o le partite di Champions, leggere libri di Valerio Massimo Manfredi o riviste di Vespe&Lambrette... Ne sono capace e l'ho fatto, ma... bleah...  l'ho fatto più per sentirmi libera di criticare, non con un vero desiderio di comprensione, di "mettermi nelle sue scarpe". Io, che mentre scrivo ascolto De Andrè o Grieg,  non riesco a capire come si possano apprezzare queste per più di dieci minuti. Ma ovviamente questo è solo un gioco.
Il punto, quello vero, è che senza esperienza diretta sembra impossibile capirsi.

Forse a questo servono i poeti.


3 commenti:

  1. Cara Flo, tutti vorremmo fare tante cose, peccato che le possiamo, sognare!
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso 

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  2. i poeti… è un'ipotesi che piacerebbe all'uomo del dire.
    quanto alla vita reale, i poeti possono essere conforto e spunto di riflessione… ma temo che non siano una soluzione.

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    1. Se aiutano a capire, fanno la loro parte

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