Ancora bagnata per la recente pioggia, la strada rifletteva le luci dei lampioni. Un uomo sistemava una valigia nel bagagliaio della sua auto parcheggiata lungo il marciapiede di fronte. Il cappotto nero, attento a non far troppo rumore, è salito in macchina e ha chiuso la portiera dietro di sé, immagino impaziente che il motore si e lo riscaldasse. Inaspettatamente, una luce ha illuminato una delle finestre del numero 46, quella piccola in alto, un occhio socchiuso sulla vita di qualcun altro.
Ho aperto la finestra, inspirando a pieni polmoni l'alito del primo mattino ed espirando l’ultimo sbadiglio, ascoltando distratta quell'insolito silenzio, poi il borbottio del bollitore mi ha richiamata dentro.
Ho scelto la bustina del té di oggi (Ceylon, nero, in purezza) e l’ho messa nella mia tazza preferita (quella di porcellana bianca col Cappellaio Matto, regalo di Matilde per un Natale di qualche anno fa…). Già il cielo rischiara dietro i tetti di fronte.
È ora di andare.
Da bambina leggevo Guareschi e stamattina, guardando l'alba, mi è venuto in mente uno dei suoi racconti, uno dei miei preferiti in effetti. Vi metto il link casomai vi venisse voglia di leggerlo
confesso di non conoscere il racconto, rimedierò.
RispondiEliminaPoi mi dirai cosa ne pensi
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