Sono sempre stata dell'avviso che la letteratura sia materia davvero complicata: interpretare il non detto, i simboli, il sottinteso richiede un sensibilità superiore, la condivisione di un certo substrato culturale con l'autore e, soprattutto, richiede di essere in un certo senso un po' artisti anche noi che leggiamo.
A me tutto questo manca. Ergo, delle opere letterarie, soprattutto quelle di un certo spessore, frequentemente perdo il senso profondo e, perciò, la loro bellezza.
Normalmente però, pur non riuscendo magari ad andare a fondo, quello che capisco è sufficiente per permettermi di goderne.
Normalmente.
In almeno 3 circostanze, invece, sono arrivata in fondo attraverso una serie di "Cosa cavolo stai dicendo Willy?".
La prima: "Il Maestro e Margherita"; la seconda: "L'Aleph"; la terza: "Le città invisibili"
Sicuramente ce ne saranno state altre, ma adesso non mi vengono in mente. E altre mi hanno messo in difficoltà (Candido, per esempio) ma in modo diverso, non con questo senso di totale disorientamento.
A "Il Maestro e Margherita" darò presto una seconda possibilità: l'ho letto una ventina di anni fa e il tempo cambia tante cose, magari sono migliorata, nel frattempo 🙂
Buon fine settimana e fate un albero bello, mi raccomando!
Io ho un conto aperto con Cent'anni di solitudine.. forse ritenterò ma non credo.. p.s. Le città invisibili lo adoro.. ;)
RispondiEliminaCosa non ho capito delle città invisibili... c'è un filo conduttore che le lega? O ogni descrizione è un sogno, una favola a sé?
Eliminaio voto l'aleph, incanto puro. il disorientamento è parte integrante del suo incanto.
RispondiEliminaCi riprovo...
EliminaCertamente farò un albero bello ... ad Alberobello, ahah! :-)
RispondiEliminaE comunque la citazione del "Cosa cavolo stai dicendo Willy?" è una chicca!
Ma tu guarda chi si rivede!!! Come state tutti?
EliminaPlease read my post
RispondiEliminaBeautiful blog
RispondiEliminaThanks, and welcome!
Elimina