Mi dirigo con passo svelto in stazione. Sono in anticipo di almeno mezz'ora ma non so come tenere a bada l'impazienza.
E siccome anche in stazione devo aspettare, aspettando scrivo. E penso.
So cosa significa sentirsi finiti, merce usata, senza un futuro. E so cosa significa essere stata travolta da quell'abbraccio nero e spesso nel momento sbagliato della mia vita (non ne esiste uno giusto, ma alcuni sono più sbagliati di altri), quando nessuno dei miei coetanei si era mai neppure avvicinato a esperienze simili, figuriamoci viverle. E quindi capirle. Quella conseguente sensazione di implacabile solitudine, quando qualunque cosa venga detta sollecita la medesima, infastidita reazione: non hai capito niente, taci.
C'è una bellissima poesia di Emily Dickinson che ammonisce, sto parafrasando, di non avvicinarsi a chi soffre se non si abbia avuto la ventura di aver sofferto altrettanto. Ecco, certi dolori non si possono immaginare.
So anche che la sensazione di essere finiti è fallace, ma crederci è impossibile.
So cosa significa aver bisogno di un abbraccio sincero e caldo e sapere dove andare a prenderlo, e so che, se non cambia la vita, la rende sopportabile.
So (e qui faccio un po' di fatica ma nessuno ci ha mai promesso una vita facile...) che negare le mie esigenze ha effetti devastanti sul benessere degli altri, che avere cura di me, della mia salute fisica e mentale (e mentale!) è fondamentale. Magari non nell'immediato, ma vorrei che vedeste come si è ridotta mia madre per essersi sempre messa da parte, sempre in seconda linea, col destino segnato dall'educazione ottocentesca e campagnola di mia nonna (servi tuo marito, fa' il cagnolino, obbedisci).
Pioviggina, qualcuno ha aperto l'ombrello ma non molti. Io, seduta in una calda sala d'attesa, fatico a immaginare il tempo là fuori...
sai tante cose, farai molti passi avanti. salverai te stessa e poi anche gli altri, come quando in aereo ti dicono che prima devi indossare tu la maschera dell'ossigeno. ecco, stai facendo quello, brava.
RispondiEliminaEsatto, proprio quella roba lì.
EliminaNon è un'esclusiva mia, è per tutti
no, non è per tutti.
Eliminal'attesa in stazione innesca una narrazione malinconica e intensa.
RispondiEliminaNegare le proprie esigenze è annegare nelle medesime.
massimolegnani
(orearovescio.wp)
Per non parlare dell'attesa all'aeroporto... Niente da fare, sono proprio una "donna in corriera"
EliminaGreat blog
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