28 aprile 2023

Dalla mia finestra


Il vecchio cane porta al guinzaglio un ancor più vecchio signore. Un giacchetto di velluto marrone a coste, come si usavano quand’era giovanotto, di quelli col collo di pelliccia di agnello, di un bianco lattiginoso e dall’aspetto poco pulito, ovviamente riccia. I capelli non completamente bianchi, le scarpe lucide. Ha gli stessi colori del suo compagno di passeggiata e, come lui, ogni tanto ha bisogno di fermarsi a riprendere fiato. Il cane si sdraia a terra dietro una macchina parcheggiata, la lingua fuori; l’ometto si ferma pazientemente e pazientemente lo guarda, lasciando ciondolare il più inutile dei guinzagli. Pochi secondi bastano, poi il cane solleva la testa e, si vede lo sforzo dei vecchi muscoli, prova a rialzare prima il didietro, ma desiste e riprova con le zampe anteriori, con uguale fatica ma maggiore successo. L’uomo lo aspetta, non lo sollecita né lo aiuta. Riguadagnata la posizione eretta, scodinzola tronfio e, ostentando un’aria indifferente, prende a trotterellare davanti all’uomo con una sicumera che fa sorridere. Il vecchio signore gli cede il passo e si fa condurre. Attraversano la strada, a quest’ora quasi deserta, e proseguono verso il centro, seguendo un itinerario vecchio di chissà quante passeggiate, fino a perdersi dietro gli edifici.

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