24 aprile 2023

Esercizio di scrittura creativa


Prendi una piantina e la metti nel suo bravo vasetto. Un po' di terra buona, acqua qb e ogni tanto qualche goccia di fertilizzante. La guardi attecchire e già qualche fogliolina di un verde timido compare sui suoi rametti. Bellina. Non bella, non gloriosa nella sua magnificenza. Solo bellina.

A quel punto la togli da vasetto, la scrolli per bene per far cadere tutto il terriccio rimasto incastrato fra le radichette nuove e cambi vaso. Aggiungi nuovo terriccio, cercando di infilarlo per bene fra le radici ancora sporche del precedente, vaporizzi acqua fresca e di nuovo qualche goccia di fertilizzante di tanto in tanto, che non guasta mai. Lei un po' stenta, all'inizio, poi si riprende, le foglioline si irrobustiscono e, a primavera, ne spuntano di nuove. In capo a un paio di anni i primi fiori dimostrano che le radici hanno preso vigore, che la piantina si è adattata al nuovo terriccio e che l'acqua miscelata al nuovo fertilizzante, che sembrava poco adatto, in realtà non le ha fatto troppo male. È così che si sopravvive: adeguandosi.

Ma a questo punto il vaso sembra non essere più quello giusto: troppo piccolo? troppo poco poroso? troppo banale? Mah, quale che sia la ragione, suvvia, che sarà mai un nuovo rinvaso? Ecco che un elegante contenitore fa la sua comparsa: belle decorazioni, la giusta misura (un po' più grande, ma solo un po'), fashonable quel tanto che basta da rendere trascurabili le difficoltà di un nuovo trapianto. Via di nuovo con la rimozione di tutto il vecchio (vecchio? davvero?) terriccio, mettiamo a nudo le radici e fa niente se le ultime nate, ancora fragili, si romperanno nel processo: la piantina ne caccerà di nuove. È il suo lavoro, in fondo, no? Incastriamo per bene il terriccio nuovo fra le radici vecchie: è fresco, ricco, umido, un vero toccasana, e via nel vaso, ancora acqua, ancora fertilizzante, e speriamo che nascano nuove radici, che spuntino nuove foglioline verde chiaro, delicate e fragili.

Fino al prossimo vaso.


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