Mio suocero è un uomo mite. Canuto, rinsecchito e stortignaccolo, quando ascolta lo fa con tutto il corpo e con l'attenzione tesa di chi fa fatica a seguire i discorsi perché un po' sordo. Risponde di tanto in tanto, ma più spesso si limita a qualche parola con l'unico scopo di far capire che sta ascoltando. Mia suocera cerca di stimolarlo, lei dice, e per farlo lo punzecchia con la crudeltà bonaria che è tollerabile solo fra vecchi coniugi: e non sbrodolarti, sai, che io sono stufa di lavarti tutte queste camicie! e cammina dritto sai, che non voglio mica portarti in giro con la carrozzina io, che ho di meglio da fare sai... Lui abbozza, si stringe nelle spalle e ridacchia. Sa nel suo intimo che non c'è nulla di vero in quelle cattiverie.
I nipoti vanno volentieri dai nonni: c'è sempre un tè caldo coi biscotti, o una fetta di ricotta tosta, o una lasagna di 4 giorni prima ma che importa. Ci sono chiacchiere, a volte di cose già dette, a volte no: mia suocera che non distingue fra confidenza e pettegolezzo e racconta tutto di tutti, ma va bene così. C'è voglia di stare insieme, ma come già te ne vai? E portati questo pezzo di caciocavallo...
Mio padre è il figo della situazione. Non ha ancora capito che, 89 anni fra poche settimane, comprendere i suoi limiti e accettarli sarebbe la cosa saggia da fare, oltre che prudente. È rancoroso, invidioso di chi è più giovane, si fa aiutare a risolvere problemi che lui ha creato ma poi dimentica e rifiuta di riconoscere le sue responsabilità: se la lavatrice cambia le impostazioni, se il suo cellulare si riempie di app indesiderate, se la sua casella email si riempie di spam non è perché lui ha fatto casini con una tecnologia che conosce male e usa peggio ma perché "qualcosa sarà successo". Le conversazioni sono solo occasioni per interrompere qualunque discorso con un "io ho fatto, io ho visto, io..." tanto che ormai non viene neppure voglia di raccontare.
Invidia chiunque e qualunque cosa: chi si è laureato, Tommy che ha preso una borsa di studio, Matilde che parla le lingue, O. che ha vinto il campionato Italiano di categoria, S. che è alto un chilometro e è un drago a pallone, L. che scia come un dio e va al mare con la fidanzata. Potrei continuare. L'anno scorso lui ha passato quasi 7 settimane al mare, io e mio marito 10 giorni, ma quanto mi ha fatto pesare quei 10 giorni perché io ero in Grecia e lui invece a casa.
Recrimina tanto: le gambe che non lo reggono, la digestione che lo fa tribolare, la testa, l'acufene, la schiena e il cuore. Si lamenta di star male da sempre, da che ho memoria. Recrimina per l'aiuto che deve (deve...) prestare a mia mamma, che, più malata di lui, si sente in colpa e poco tempo fa mi ha chiesto come farà papà da solo se lei dovesse morire prima. Si lamenta per il suo sonno interrotto, per le medicine che lui deve dare a mia mamma, per la badante che quando c'è gli dà fastidio e quando non c'è è sempre in ferie quella là. Fa tanto per mia mamma, fa cose che non avrei mai immaginato di vedergli fare, ma sempre su quel piedistallo da eroe che si è costruito da sé e dal quale non intende scendere. Chissà qual è il motore, quanto l'affetto per mia mamma e quanto invece la paura di restare solo.
Quando sono a casa da loro, a tavola mi siedo al mio vecchio posto, di fronte a lui. Ho una piccola collezione di foto rubate durante le colazioni o i pranzi... la fronte aggrottata, gli occhi cupi, una rabbia incontenibile e muta, ma tanto visibile. La gioia per il mio arrivo dimenticata due minuti dopo il mio ingresso in casa.
Tommaso, che all'inizio dell'anno aveva immaginato di passare dai nonni magari un paio di we al mese, ha smesso di andare perché "loro sono sempre tristi, l'atmosfera è cupa e non c'è mai niente da mangiare". I miei nipoti non vanno mai, se non obbligati. Ricordo parecchi pranzi di famiglia (Natale, essenzialmente, magari qualche compleanno) finiti presto perché mio padre "doveva" andare. E andava, piantandoci lì. Dopo 25 anni di matrimonio, suo genero e sua nuora non hanno nome: sono sempre "tuo marito", "tua moglie". E i biglietti che accompagnano i regali di natale sono sempre (sempre!) indirizzati solo a me e a mio fratello. Evidentemente non fanno parte della famiglia.
Ecco, adesso sapete. Sono una brutta persona?
ieri sera sono andata a sentire beppe severgnini che parlava del suo ultimo libro, che tratta - in pochissime parola- di come invecchiare in modo sereno per se stessi e gradevole per chi ci sta intorno, cercando di evitare di trasformarci in brontoloni rancorosi. il libro è soffice e leggero come un golfino di cachemire, ironico quando serve (cioè quasi sempre) e acuto in tante osservazioni.
RispondiEliminapuoi provare a suggerirlo a tuo padre, se è vero che non è mai troppo tardi per nulla o quasi.
in alternativa, possiamo leggerlo noi, per portarci avanti, che male non ci fa e secondo me ci aiuta anche a difenderci da chi, ormai, brontolone e rancoroso è diventato.
ieri ha dato una definizione di ironia che pare abbia avuto molto successo: è la versione laica della misericordia. e, quando non si trasforma in sarcasmo, ha effetti salvifici quanto la misericordia. l'ho trovato interessante.
Mio padre si offenderebbe: non ha niente da imparare, lui
EliminaSpero solo di invecchiare meglio. Leggerò questo libro, sperando che, almeno per me, non sia troppo tardi
RispondiEliminaMio papà novantaduenne vive con mia sorella (santa subito) e ormai regredito a stato perenne di capriccio, sconforto, inadeguatezza, indisciplina totali. Mia sorella lo gestisce al meglio ma spesso lamenta la mia incostante presenza anche se cerco di rendermi utile.. senza figli pensiamo che il nostro turno da vecchi sarà davvero un massacro.. ma queste sono altre storie..
RispondiEliminaTua sorella non è santa, è martire. È profondamente ingiusto lasciare a lei questo peso
EliminaSe volevi farmi sentire in colpa, ci sei riuscita. Sia chiaro, papà è autosufficiente, anche se monitorato costantemente se lei si prende qualche giorno di vacanza, non c'è una badante fissa, ma una persona che ogni tanto passa ad aiutare. La scelta è di mia sorella. Certo l'alternativa è una casa di riposo o un badante h24.
EliminaChe si stia martirizzando per tanti versi è concorde anche mia moglie, ma un conto è che non esistano alternative, un altro che si possa scegliere.
Lungi da me l’intenzione di farti sentire in colpa: io vivo sommersa dai sensi di colpa e non lo auguro a nessuno. Ho scritto di corsa e ne è uscito un commento duro e poco chiaro, ti prego di scusarmi.
EliminaQuello che avrei voluto dire è che prendersi cura di un genitore che non è più neppure anziano ma ormai proprio vecchio, è spesso una scelta che ci sentiamo in dovere di fare, quindi una non-scelta, una forma di martirio: perché se scegli di non farlo ti senti in colpa, uno schifo di figlia, una che ha solo preso e che, adesso che c’è da restituire, non lo fa. E sono atteggiamenti frequentemente femminili. Permetterlo è ingiusto, lo ribadisco, non perché tu ti stia approfittando di lei lasciando tutto il lavoro sulle sue spalle, ma perché forse potresti aiutarla a capire che non deve sentirsi obbligata, e che farsi aiutare è sano.
Dopodiché sto blaterando nulla sapendo della tua famiglia: conosco la mia e so come mi sento io (molto male, come mio fratello) e ho banalmente rovesciato su di te le mie emozioni.
Ti chiedo ancora scusa.
Copio e incollo dal blog: Non devi scusarti neanche un po'..le confidenze a persone che riteniamo possano esserne destinatarie, significano che ci sentiamo di casa, pronti ad accogliere contraddittori e opinioni.. non mi sarei esposto altrimenti.. ;) ..riguardo papà, so che potrei fare di più, anche solo telefonare invece di scrivere un blog ad esempio, ma è comunque vero che determinati atteggiamenti (attenzioni, cure) sono spesso caratteristiche femminili che spesso non riusciamo a fare nostre.. grazie per tutto! ..e concordo con L qui sotto (ammesso sia lei)
EliminaLa differenza nella risposta a quel tuo interrogativo finale sta nel fatto che te sei riuscita a parlarne ,a scrivere un pezzo di storia familiare,mentre tanti di noi non riescono a farlo,non riescono ad aprirsi.Questo non vuole dire assolutamente che te sei una cattiva persona e tanti altri migliori di te,questo vuol dire consapevolezza.Attraverso la consapevolezza è possibile aprirsi alla fragilità umana ,ed è questa che per quanto unici ci rende anche tutti simili.Ma si è restii a parlarne ,quando invece dovrebbe essere una forma di condivisione che potrebbe aiutarci a sentirci meno soli e così diversi da coloro che apparentemente hanno un vita perfetta.
RispondiEliminaHo sempre cercato di capire cosa si celasse dietro anche forme di "egoismo" da parte dei genitori nel "pretendere"che i propri figli si sacrificassero al punto da annientarsi,sottraendogli la loro libertà,o anche capire il perché di questa mancanza di accettazione verso colui/colei che dovrebbe rendere felice il proprio figlio/ figlia,visto quasi come un ostacolo alla propria forma di attaccamento al figlio.
Ho analizzato quanto potesse centrare la cultura dei nostri cari anche a livello di ambiente e di conoscenza in tempi differenti da questi odierni.E onestamente ho compreso che oggi si è avuto quasi un ribaltamento culturale in eccessi materiali ,dove i figli hanno di tutto e di più e non dei genitori che sappiano donargli del tempo nell'ascolto.
La cultura cosa ha a che fare quindi e come può incidere sull'affetto genitori figli e viceversa?Ma prima di tutto come traduciamo noi la "cultura",cosa è e cosa rappresenta?
Per me cultura ha un solo significato semplice:prendersi cura delle persone e del creato, rendersi liberi e donare,donare lo stesso culto a chi e a cosa ci circonda .Il resto viene da sé l'amore non genera mostri ,ma rigenera bene,aiuto,ascolto ,condivisione ,pace .Una trascendenza fatta di cura e nessun senso di colpa, perché l'amore si fonde con la libertà.
Grazie per averne scritto e non sei affatto una cattiva persona;)ciao
È bello quello che hai scritto: che valore può avere un gesto fatto per evitare di sentirsi in colpa? Non c'è amore dove c'è obbligo.
EliminaLa mia prof di religione del liceo una volta ha detto che libertà è avere desiderio di fare ciò che si deve... All'epoca non avevo capito.
Grazie
Sii serena,ok?Sono io a ringraziarti doppiamente, perché ti ho letta su postodibliggo ,da lì sono arrivata a te,e mi ha commosso il senso di solidarietà verso il dolore e la perdita di un altro commentatore.Un abbraccio ,ciao
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