Stamattina nel mio podcast preferito è stata letta la mail di un ascoltatore. Questi raccontava di come, qualche anno fa in occasione di un referendum sulla giustizia, si fosse preso la briga di dedicare alcune ore del suo tempo ad un esame dei quesiti con lo scopo di raggiungere quel grado di competenze minime necessarie a scegliere oculatamente se votare sì oppure no. "Io sono un fisico matematico, raccontava, faccio il ricercatore all'università, sono abituato a leggere roba complessa, a fare complesse analisi matematiche su montagne di dati, eppure le implicazioni legali della mia eventuale scelta mi sono rimaste oscure."
Ecco, non sono l'unica a pensare che non basta leggere quattro righe per supporre di aver capito.
Nel corso della stessa puntata del podcast di cui sopra, è stato letto anche un brano di un commento di Vitalba Azzollini, pubblicato su Domani. Lei sostiene che non presentarsi ai seggi per i referendum, unita alla tendenza a sostituire il dibattito parlamentare con la raffica di decreti così comune negli ultimi anni, porta a cedere ai governi la sovranità che dovrebbe essere nostra.
Vero. Ma due errori non fanno una cosa giusta.
PS: non presentarsi ai seggi in occasione di un referendum non è (sempre) menefreghismo. È una precisa scelta. Chi non ha votato ha deciso di non votare, non è banalmente andato al mare perché chissenefrega. Il quorum esiste per questo ed è per questo (credo, chi sa mi illumini...) che non esiste quorum per le politiche.
PPS: se chiedessero il rimborso delle spese in caso di mancato raggiungimento del quorum ai promotori dei referendum, forse questi starebbero più attenti ai quesiti da proporre...
Se non vogliono toglierlo per i referendum, lo inserissero per le politiche, tipo conclave, si vota ogni due settimane, finchè non si raggiunge una maggioranza, e se nessuno riesce, si cambiano le regole, i partiti, il sistema di governo e i partecipanti.
RispondiEliminaOra è più chiaro del perché niente quorum alle politiche? ;)