Lesson learnt
Decenni fa, la mia amica Fanny diceva che la gente si lamenta sempre delle stesse cose. Detta così sembra una banalità, quindi aggiungo un po' di contesto.
Studiava al Poli con me e abbiamo preparato insieme alcuni esami, per il più complicato dei quali, idraulica, siamo partite in ritiro in montagna. Passeggiato molto, studiato poco, bevuto quanto basta.
Lei, già sposata con un ragazzo polacco emigrato negli States, faceva la spola fra le due sponde dell'oceano in attesa della carta verde. Ad ogni rientro organizzava grandi rimpatriate con le sue amiche, nel corso delle quali scorrevano fiumi di confidenze e, appunto, lamentele. È stato durante uno di questi rientri che abbiamo organizzato il ritiro di cui sopra.
Parto per qualche mese, raccontava, e ritorno per qualche mese. Michela (nome di fantasia, anche se qui non serve) si lamenta degli scarsi progressi al Poli, ma non si decide a lasciare gli studi né a studiare di più. Laura si trova grassa, ma non si mette a dieta né si iscrive in palestra. Anna si lamenta della freddezza del suo ragazzo, ma pur non sopportandolo non prende decisioni. Eccetera.
Aveva ragione: ci lamentiamo sempre delle stesse cose, ma ci comportiamo come se fossero ineluttabili, e così facendo ci obblighiamo a vivere entro gabbie che noi stessi contribuiamo a costruire. Odiamo dover scegliere fra la vi(t)a nota, la comfort zone, e il perseguimento dei nostri obiettivi che da quella comfort zone ci strapperebbe via, senza considerare che "non scegliere" è già una scelta.
E continuiamo a lamentarci.
Io l'ho capito adesso, Fanny aveva 27 anni. Decisamente molto più avanti di me.
forse ci si lamenta per abitudine, e nulla di quello per cui ci lagniamo è davvero grave o fastidioso.
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