12 luglio 2022

Parole


Amo i libri che parlano di libri e, ancor più, i libri che parlano di parole. Mi affascina l'etimologia così come l'evoluzione del loro significato al passare del tempo e al cambiare della società. In particolare mi stupisco ogni volta che scopro una parola intraducibile in italiano: è il segno di quanto un'idea, trascurabile per noi o addirittura inesistente, sia tanto importante per altri da dedicarle una parola tutta sua. 

Le più belle?

La parola giapponese Komorebi indica l'effetto della luce del sole quando filtra fra i rami e le foglie, oppure la tedesca Fernweh descrive la nostalgia per un luogo nel quale non siamo mai stati, che non è la voglia di viaggiare, pare essere uno stato emotivo più che un desiderio. La russa Toska indica un'irrequietezza della quale non si comprende l'origine, mentre un'altra giapponese, Tsundoku, descrive l'abitudine di comprare libri senza riuscire a leggerli tutti, per il piacere di accumularli, forse, o nella speranza un giorno di avere tempo. Un atto di fede, se vogliamo!


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