Da La Russa che invoca ceffoni ai figli maschi che mancano di rispetto alle donne, a Galimberti che si chiede "...come (la madre) l'ha cresciuto questo figlio", passando per chi, come Annalisa Cuzzocrea su La Stampa, sostiene che "sono le donne a dover ricevere un'educazione particolare ai sentimenti, per scongiurare dipendenze affettive e tossiche" o come Dacia Maraini che è convinta della necessità di vincolare il comportamento maschile partendo dalle scuole... La responsabilità dei femminicidi risiede quindi in scuola e famiglia.
Vero. Ma non basta.
Mentre la scuola e la famiglia hanno un palese e riconosciuto ruolo educativo, la società intera ha un effetto educativo non riconosciuto, pervasivo e, conseguentemente, potente.
Le pubblicità che relegano le donne a un ruolo di secondo piano (la mamma che sorridente, accompagna alla porta di casa marito e figli che escono di casa la mattina), o ne sessualizzano i corpi spesso e volentieri, anche fuori contesto (come dimenticare "Saratoga il silicone sigillante"?). La TV di intrattenimento con le sue eterne vallette, sempre belle, magre, sorridenti, scosciate e zitte. I giornalisti che dedicano pagine su pagine al pensiero e alle azioni di uomini politici e al colore delle giacche della Merkel o al taglio di capelli della Clinton. I libri di storia della letteratura o dell'arte, della musica o della filosofia strapieni di nomi maschili e mai un nome femminile (ai miei tempi proprio mai, oggi qualcosa in più si vede...). I giocattoli. Certi gesti... come il padre della sposa che la consegna allo sposo all'altare. Lo spazio dedicato allo sport femminile. Una donna che fa un lavoro "da uomo" è considerata coraggiosa, una tosta, una intelligente (e tende a sentirsi in dovere di mascolinizzarsi nell'abbigliamento, di essere sobria). Di un uomo che sceglie professioni tradizionalmente femminili si pensa che non abbia poi molta voglia di darsi da fare, quando non addirittura si arriva a metterne in dubbio la virilità. Si ridicolizza un bambino che piange definendolo "femminuccia", una bambina vivace, estroversa e coraggiosa viene definita magari un maschiaccio, ma mai derisa.
Continuo?
Pensate alle premiazioni del motomondiale. Pensate alle mogli dei calciatori, così decorative. Pensate agli stipendi: stesse aziende, stessi ruoli, stessa anzianità, differenze significative anche se illegali. Pensate agli aggettivi che vengono usati per descrivere il carattere di un uomo e quello di una donna. Pensate a quanto vengono sottovalutati i sintomi fisici delle donne anche quando sono identici a quelli degli uomini: per infarto, ad esempio, il tasso di decessi fra le donne è 3 volte quello degli uomini e non perché le donne siano fisicamente più fragili, macché: è perché i sintomi non vengono riconosciuti, e di questa cosa metto il link
Mi fermo qui, tanto il mio punto è fin troppo chiaro.
Scuola e famiglia possono fare tanto, è vero, ma se non si cambia globalmente atteggiamento non si andrà da nessuna parte.
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